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La Cassazione conferma le accuse al «sistema Moggi»

«Non solo arbitri compiacenti, l'ex dg della Juve aveva uno strapotere su federazione e trasmissioni Tv»

«Più che di potere si deve parlare di uno strapotere esteso anche agli ambienti giornalistici ed ai media televisivi che lo osannavano come una vera e propria autorità assoluta».

Così la Cassazione nelle attese motivazioni di Calciopoli definisce la irruenta forza di penetrazione anche in ambito federale esercitata dall'ex dg della Juve Luciano Moggi, ideatore di un sistema illecito di condizionamento delle gare del campionato 2004-2005 (e non solo di esse). Al suo fianco c'erano i designatori arbitrali compiacenti e sodali Pier Luigi Pairetto e Paolo Bergamo, oltre all'ex ad bianconero Antonio Giraudo giudicato separatamente. Ritiene la Cassazione che Moggi abbia commesso sia l'associazione per delinquere sia la frode sportiva in favore della società di appartenenza (la Juventus), ed ha anche ottenuto vantaggi personali in termini di accrescimento del potere (già di per sè davvero ragguardevole senza alcuna apparente giustificazione). Dai giudizi che l'ex dg bianconero esprimeva in tv e sui media, soprattutto al Processo del lunedi , potevano dipendere le sorti di questo o quel giocatore, di questo o quel direttore di gara con tutte le conseguenze che ne potevano derivare per le società di volta in volta interessate. L'associazione per delinquere diretta da Moggi era ampiamente strutturata e capillarmente diffusa con la piena consapevolezza di Pairetto e Mazzini, di agire in vista del condizionamento degli arbitri attraverso la formazione delle griglie. Moggi aveva una poliedrica capacità di insinuarsi nei gangli vitali della Figc e Aia, con le sue incursioni negli spogliatoi degli arbitri, al termine delle partite, non solo non lesinava giudizi ma esercitava un potere di interlocuzione aggressiva e minacciosa.

La Cassazione ne ha anche per Claudio Lotito. I supremi giudici rilevano c'è una congerie di telefonate compromettenti e di prove inequivocabili delle pressioni esercitate dal patron della Lazio sul mondo arbitrale in un contesto di lotte intestine per la nomina a Presidente della Figc tra l'uscente Franco Carraro e l'aspirante emergente Giancarlo Abete per assicurarsi il salvataggio« della Lazio dalla retrocessione nel campionato 2004-2005

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