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C'era una volta la Fifa figlia del calcio che conta

I presidenti erano espressione di nazioni importanti. Ora c'è il Bahrein in pole

C'era una volta la Fifa figlia del calcio che conta

Il primo fu un giornalista francese. L'ultimo un ex colonnello svizzero. Un secolo e oltre di Fifa ha visto passare sulla poltrona del presidente uomini di varia estrazione con spirito diverso, anzi opposto, provenienti quasi tutti dall'Europa, Francia, Inghilterra, Svizzera con la parentesi del brasiliano Joao Havelange alla scuola del quale Joseph Sepp Blatter è cresciuto. Erano terre di tradizione calcistica, là dove il football era soprattutto un gioco, un centro di interesse e non di interessi. Il francese Jules Rimet segnò l'epoca d'oro, per trentatré anni in carica e creatore della coppa del mondo che portava il suo nome. Gli inglesi con sir Stanley Rous, ex arbitro, tennero la poltrona per tredici anni riuscendo a portare a casa l'organizzazione del mondiale e la vittoria dello stesso nel '66. Poi il Brasile, grazie al fenomeno Pelè in campo, prese il potere con Joao Havelange e i suoi tentacoli che passavano dal parente Texeira, titolare della vendita dei diritti televisivi e iniziò il calcio business, non tutto trasparente. La svolta, dal gioco al gioco d'azzardo, al denaro a tutti i costi, attraverso mazzette e propagande elettorali. E adesso? La Fifa non ha più la testa, come l'Uefa, giustiziato l'ex colonnello dell'esercito elvetico e dallo stesso plotone, il francese suo erede, il football cerca nuovi re, forse sceicchi. Il prossimo ventisei febbraio si conoscerà chi e come prenderà in mano il potere: il mondo arabo ha annusato il miele di Zurigo. Così come gli emiri hanno messo le mani sui grandi club del vecchio continente ecco che lo step successivo è l'harem della Fifa, i califfi vogliono quello, dicono di avere le mani pulite e godono dell'appoggio, si sussurra, del mondo statunitense che, in verità, è quello maggiormente interessato a impossessarsi del regno di Zurigo. L'operazione condotta platealmente dal FBI nell'albergo che ospitava i dirigenti Fifa, le accuse e il carcere per gran parte di loro, sono stati i segnali di fumo nero che hanno poi portato alle sentenze che hanno decapitato Fifa e Uefa. Ora si dovrà scegliere, l'Europa, anzi l'Uefa punta su Gianni Infantino che ben conosce la materia essendo stato per anni uomo di segreteria, anche in senso etimologico, dell'Uefa, parla cinque lingue, è apprezzato al di fuori dell'Europa, per qualcuno potrebbe rappresentare la continuazione del progetto ideato e realizzato da Platini. Tralascio Tokyo Sexwale, supportato dall'Africa, anch'egli convocato dal Fbi, non merita grandi pensieri Jerome Champagne, a parte il cognome. Il mondo arabo presenta due nomi: Ali Bin Al-Hussein, principe di Giordania, già sceso in campo, con l'appoggio dell'Uefa, contro Blatter, finendo sconfitto e il grande favorito, lo sceicco del Bahrein Salman Bin Ebrahim Al-Khalifa che si è distinto per avere gestito i tumulti del suo califfato, quattro anni fa, spedendo al gabbio gran parte dei manifestanti. Ha raccolto onori e onorificenze in varie parti del mondo, è conosciuto e riconosciuto, vive a Londra e per questo si è portato avanti con la stampa internazionale che lo considera l'erede sicuro di Blatter. I Paesi del Golfo vogliono il calcio, avendone intuito non la storia e il fascino del gioco ma la possibilità di fare soldi. Sarà difficile accettare un esponente del mondo arabo, sarà difficile accettare la sconfitta definitiva dell'Europa.

Molto dipenderà dalle voci che arrivano dall'America, non trascurando la Russia di Putin. Il football è un gioco, no?

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