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"Che bello poter guardare la Juventus dall'alto"

"Il mio Toro ha un quinto delle entrate dei bianconeri, ma vuole stare tra le big Ventura mai così a lungo su una panchina? Gli ho fatto tirare fuori il meglio"

"Che bello poter guardare la Juventus dall'alto"

Presidente Cairo, che effetto le fa stare davanti alla Juve e al Milan col suo Toro?

«Un gran bell'effetto, glielo assicuro. Accompagnato dalla consapevolezza che siamo appena al settimo turno e che il campionato è cominciato da meno di due mesi effettivi. Lo considero la conseguenza virtuosa di un lavoro fatto bene, cominciato qualche anno prima, che ci ha portato a raggiungere piazzamenti onorevoli, un 7° e un 9° posto. Abbiamo tanti giocatori nel giro delle nazionali, dieci calcolando anche l'infortunato Maximovic».

A quest'ottimo risultato è giunto in occasione del decimo anno di presidenza granata: ha scoperto la formula magica?

«Alcuni errori sono stati commessi nei primi anni. Allora, invece di puntare su giovani dotati di talento e di avvenire, abbiamo scelto la strada dei bei nomi ma poco motivati. Poi è venuto il tempo della rivoluzione e abbiamo cambiato tutto puntando sulla continuità: ds e allenatore sempre gli stessi da 6 e 5 anni, i nuovi acquisti giovani, sotto i 23 anni se possibile, e gli altri confermati, tutti esperti ma soprattutto molto motivati. La formula è la seguente: un bel mix».

Ventura non è mai stato così a lungo in un club: ci dia una spiegazione…

«Perché io sono stato per lui ciò che lui è per molti giocatori: ho tirato fuori il meglio. E gli dico: può dare ancora di più, se ci crede».

Allora è vero che vi siete messi in testa ambizioni tricolori?

«No, noi del Toro siamo sobri e non dichiariamo un bel niente. Anche perché siamo anche superstiziosi».

E dopo Carpi siete rimasti di sale…

«Pensavamo di diventare re almeno per una notte, e invece niente. Non ci siamo accesi quella sera. Ebbene lo confesso: ci sono rimasto male, anche se può capitare nel calcio».

I tifosi del Toro sono inseguiti da un terribile tarlo: continuerà a vendere i suoi pezzi migliori?

«La regola della casa è la seguente: se c'è una grande offerta e l'interessato fa pressioni per partire, non ci opponiamo. Darmian voleva andar via già l'anno precedente, così è successo con Cerci e con Immobile. E lo sa che adesso Ciro è pentito d'aver lasciato il Toro? Poi nel calcio, lo dimostra la Juve con Vidal, non puoi tenere un calciatore contro voglia. Quest'anno Maximovic e Peres non li ho ceduti».

Quando dici Toro, dici Fidadelfia: a che punto siamo con la telenovela?

«Al punto che sabato mattina faremo la posa simbolica della prima pietra del nuovo Filadelfia con l'intervento del sindaco Fassino e del presidente della Regione Chiamparino. Mi sono innamorato dell'idea che si possa concludere l'opera entro il 3 dicembre del 2016 in modo da festeggiare in quella struttura i 110 anni del club e il compleanno numero 90 del Filadelfia».

Lo sa, presidente Cairo, che da 14 anni il Toro non riesce a piegare in casa il Milan?

«È vero, io non ho mai vinto e sono presidente da dieci anni. Speriamo sia la volta buona, ma non diciamolo molto forte perché delle squadre ferite bisogna temere la reazione».

Adesso il suo amico Adriano Galliani è finito nel mirino…

«E pochi fanno considerazioni elementari. Quando finiscono i grandi cicli di successi, e con loro smettono i grandi campioni, la ricostruzione è possibile solo attraverso due strade: o spendendo tantissimi soldi, ma nessuno dei big in circolazione è sul mercato, oppure aspettando che crescano i giovani talenti. Galliani è stato l'artefice del Milan stellare: prese Pirlo e Seedorf a zero, Kakà a due lire. Bisogna armarsi di santa pazienza. Anche la Juve, dopo Calciopoli, ha impiegato 5 anni per tornare a vincere».

Lei era al fianco di Silvio Berlusconi quando la Fininvest acquistò il Milan: cosa ricorda di quei giorni?

«Ricordo perfettamente la sua grande spinta innovativa: non ebbe paura di stravolgere i luoghi comuni che c'erano in quel calcio. E poi rammento i piani che Berlusconi esponeva ai suoi collaboratori disegnando sui fogli bianchi la formazione della squadra incompleta. "Ci mancano questo e questo", spiegava».

È vero che lei però, al contrario di Berlusconi, parla poco alla squadra?

«Lo faccio solo quando c'è una necessità, magari reclamata dallo stesso allenatore cui riconosco il ruolo di comandante in campo. Lo spogliatoio dev'essere come una caserma».

È immaginabile un Toro in lotta per i primi posti?

«Noi fatturiamo circa 60 milioni e ne spendiamo altrettanti, abbiamo una distanza notevole dalla prima in classifica per incasso in materia di diritti tv (la Juve, ndr), abbiamo un quarto delle entrate del Milan e un quinto di quelle della Juve».

Perciò chiede una riforma del sistema redistributivo dei diritti tv?

«Potremmo apparecchiare un campionato più combattuto e perciò anche più interessante».

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