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Quelli che non giocano mai. "Noi in panchina per 50 anni"

Facce da anti eroi, carriere spese in attesa, nomi da fumetti (Sattolo, Astutillo, Pigino). Oggi compie mezzo secolo la norma che istituì il ruolo più anonimo e snobbato: il n°12

Quelli che non giocano mai. "Noi in panchina per 50 anni"

di Massimo M. Veronese

Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi. E un gattopardo ci sta bene tra pantere e giaguari. Perché sono aumentate le partite, i cambi in corsa, il retropassaggio da non toccare con le mani, l'espulsione diretta da ultimo uomo, il gap tra il primo e il secondo, ma lui, il portiere di riserva, resta l'ultimo panchinaro, l'unico della rosa per cui "turnover" è una parola dal significato vagamente sfottente, la ruota di scorta che monti se buchi. Nemmeno il "numero 12" si usa più perché porta più sfiga del 17: Neto alla Juve ha il 25 (il 12 l'hanno dato ad Alex Sandro), Abbiati ha il 32, Carrizo il 30, De Sanctis il 26. Bravi, bravissimi, ma non abbastanza; affidabili, affidabilissimi ma solo nei ritagli di tempo. Una compagnia di antieroi dalla tremenda capacità di far sembrare la porta più larga, che un tempo aveva nomi che sembravano usciti dai fumetti ma che poi sono entrati nella mitologia anche se dalla porta di servizio: Sulfaro e Sattolo, Pigino e Copparoni, Pintauro e Grudina, Astutillo e Pacifico, indimenticabili comparse, a volte con più scudetti che partite, vite consumate nell'attesa o indifferenti allo scorrere del tempo, rassegnati alcuni, vagamente iettatori altri.

Il secondo portiere compie 50 anni, figlio di una legge che voleva cancellare l'ingiustizia del portiere volante in caso di infortunio del titolare che faceva zoppe le partite. Persino Pelè e Bobby Moore andarono tra i pali e pararono un rigore tutti e due. Il numero uno dei numeri dodici, cioè il primo della lista, è stato Gastone Ballarini, pugile e poi ciclista, prima di ritrovarsi quasi per caso tra i pali e uscire dalla vita a quarantacinque anni appena. Era la prima del campionato 1965-66, il cinque di settembre, era la Juve contro il Foggia, minuto 17 della ripresa, quando si dice la scaramanzia: Traspedini spedì Moschioni in infermeria e Ballarini prese il suo posto. Fu l'unico cambio della partita, finì uno a zero per la Juve, segnò Traspedini appunto, ma il gol non lo prese Ballarini. A perfezionare il ruolo è stato stato Giulio Nuciari, vicentino di Piovene Rocchette, la faccia triste di un italiano in gita, 333 partite in panchina, 17 in campo e nemmeno tutte intere: (nella prima in A con il Milan prese quattro pere dall'Avellino e capì subito l'antifona). Un imbattibile almeno nel record. E se è vero che i momenti più spettacolari dell'esistenza non sono legati al successo ma al fallimento Giancarlo Alessandrelli superò se stesso quando dopo quattro anni di panchina a Zoff, nella sua ultima partita alla Juventus, sul tre a zero per la Signora, a meno di mezz'ora dalla fine, prese tre gol dall'Avellino. Disse: «Chi volete che si ricordi tra trent'anni di questa cosa...».

Una volta era la pensione dorata della vecchia volpe prima della rottamazione o la sala d'attesa della giovane promessa. Non sempre però: Cudicini il vecchio, chiamato da Rocco a far da balia al giovane Belli, lo soffocò nella culla e diventò il Ragno nero; Abbiati il giovane era persino il terzo dopo Lehmann e Rossi ma lo scudetto del centenario fu suo e della mano de dios che mise a Perugia sul tiro di Bucchi.

È vero che oggi giocano di più ma a farli entrare in campo è più l'arbitro che il mister, il rigore e espulsione più che la scelta tecnica, e se lavori bene quasi sempre torni da dove sei venuto. Come Alberto Fontana che sostituì Toldo nell'Inter senza prendere un gol per dieci partite. Ma invano. O Storari che ora va alla ricerca del tempo perduto dopo aver vigilato per anni su Buffon lui che stava una spanna sopra almeno a metà dei suoi colleghi titolari. All'estero è diverso: Mourinho, ma anche Ancelotti, usava Casillas in Liga e Diego Lopez in Champions, Mou poi ci riprovò al Chelsea mettendo Courtois contro Cech. E sapete tutti com'è andata a finire. Il Barcellona ha Ter Stegen e Bravo che sono bravi uguali, ma fino a quando? Mille pomeriggi meravigliosamente inutili possono però diventare attimo fuggente. Ad Ascoli nel 1989 il Napoli senza Maradona e Carnevale quando perse anche Careca mandò dentro al suo posto Raffaele Di Fusco, il secondo portiere al posto del bomber: «Mister Bianchi mi diceva che in allenamento ero bravo in attacco...». A Piloni, vice di Zoff per una vita, dedicarono invece una commedia. Si intitolava: «Perseverare humanum est».

E fu come sfondare una porta aperta.

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