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Club, giocatori, tecnico, tifosi. Inter dal turnover al frullatore

Gestione orientale e ritorno di Moratti, grandi acquisti e fairplay, esaltazioni e depressione: una vita in altalena

Club, giocatori, tecnico, tifosi. Inter dal turnover al frullatore

La situazione è grave ma non è seria. Ennio Flaiano non alludeva all'Inter ma alla politica italiana. Nulla è cambiato, in parlamento e in campo. L'Inter è pazza, si autodefinisce folle, a volte sembra stolta. Perde due partite di Euroleague, si fa riconoscere all'estero dopo aver affascinato tutti con il magico e storico triplete. Ma sono passati anni sei e il football fa in fretta a dimenticare, non gli errori però. E quest'Inter è un compito in classe pieno di sottolineature in rosso e in blu. Ha cambiato allenatore, ha cambiato presidente, ha cambiato proprietario, ha cambiato maglia, vestendosi di un improbabile casacca da supermercato orientale, ha cambiato pelle e palle, si è eccitata con la bambola gonfiabile della sfida contro la Juventus, si è risgonfiata non trovando altri stimoli veri.

Per colpe sue medesime non può schierare i pezzi migliori dell'ultimo mercato, il fair play finanziario, richiesto dallo stesso Massimo Moratti a Platini per tenere a bada lo strapotere dei grandi club inglesi e spagnoli, ha finito per intossicare l'aria di casa nerazzurra. La stampa, la nostra, aggiunge il carico, una volta sull'altare, roba da scudetto, di nuovo si respira da grandi, e il giorno appresso roba da vergogna, rischia la serie B, è una banda di mercenari.

Frank De Boer ha girato il mondo ma sta facendo il militare a Cuneo (cfr Totò), mischia le carte, ha trovato un ingaggio ma non ancora la squadra, la sua Inter è un corpo non meglio identificato e identificabile, vive di episodi, di giocate uniche, ha un fuoriclasse, Mauro Icardi, stretto tra la señora e la tattica, ha tale Brozovic che se ne infischia se i suoi stanno buscandole a Praga e si fa fotografare mentre folleggia con femmina a fianco, il fatto di essere stato messo in castigo da quattro partite non lo sfiora nemmeno, tanto mamma Inter paga.

Arriva poi la voce che i cinesi, forse lo stesso indonesiano, avrebbero chiesto a Moratti di tornare a fare il presidente. La qual cosa inorgoglisce e scalda lo stesso Moratti che è un tifoso antico e vero, attaccato alla maglia e alla storia nerazzurra ma ha dovuto fare due conti, insieme con la famiglia, capendo che era il tempo di cedere la cassa. I cinesi si sono appalesati in modo folkloristico, Fozza Inda è roba da cabaret e l'Inter non può permettersi il lusso di tornare nelle barzellette come era accaduto prima della belle eqoque di Mourinho. Ma non è nemmeno il momento di vivere di nostalgia, sarebbe un errore grosso e pericoloso.

L'Inter che ha un passato non capisce che tipo di presente stia vivendo e, soprattutto, non sa quale possa essere il proprio futuro. Il turn over non è soltanto un giro di uomini in formazione ma un frullato di idee confuse che non danno certezze. L'Inter va a Roma nel momento peggiore. Può darsi che il viaggio in Boemia l'abbia destata, dopo l'euforia della vittoria netta sulla Juventus, ma la Roma ha urgenze analoghe anche se vive, la squadra di Spalletti, una crisi di identità per un certo verso analoga a quella di De Boer e del suo gruppo. Quest'Inter non può fare a meno di Perisic e di Icardi nemmeno in amichevole, ha bisogno di ritrovare un difensore centrale, di un portiere dal rendimento costante. Ha bisogno di mettere in ordine una casa che sembra quella dei giorni del trasloco.

L'impresa non è facile, forse favorita dal contemporaneo cambio di domicilio e di proprietario del Milan.

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