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Conte, caso o caos? Meglio dirsi addio

Conte, caso o caos? Meglio dirsi addio

Quella faccia, quegli occhi da ricordo del caro estinto mal si sposano con una festa scudetto. Quelle parole così corrucciate sul futuro, quasi recitasse un addio, si sono prese la scena. Ma chissà a cosa puntava davvero Antonio Conte, allenatore pluriscudettato, da tutti applaudito e laudato? Pensate che Arrigo Sacchi si è perfino spinto a dire che «da quando c'è lui sulla panca, quelle della Juve sono le uniche partite che guardo sempre». Come un mondo che si capovolga: hanno fatto storia, e divertimento dei giornalisti, tutte le critiche fuori onda dell'ex profeta ai tempi in cui guidava il Milan. Oggi è miele. Cambia il mondo, cambiano le idee, cambiano gli allenatori, cambia la Juve nelle facce, non proprio nella sostanza. La Signora ha una tradizione da onorare e non può fermarsi al piccolo mondo italiano. E qui si scontra forse il realismo, magari la preoccupazione di Conte.
La Juve sta mandando in scena un copione già visto l'anno passato, pur con qualche divagazione. L'allenatore che dice e non dice, però fa intendere che potrebbe mollare (il contratto si esaurirà nel giugno 2015). L'anno passato voleva rinforzi, qualcosa ha ricevuto: però meno di quanto sperava. Il fallimento in Europa potrebbe essere figlio di tale parsimonia. Conte ambisce a disegnarsi una dimensione europea. Ma con la Juve ce la può fare? Ha già risposto di no: non chiedetemi di vincere la Champions, non ne abbiamo le possibilità e le disponibilità, ha recitato in conferenza stampa. Eppure l'anno prossimo la Juve, parliamo del club prima ancora del tecnico, non potrà tirarsi indietro. Un quarto scudetto sarebbe piacevole, non indispensabile. Il business e la credibilità passano dall'Europa. Perlomeno stravagante non aver sentito l'azionista di riferimento della società bianconera: trincerato nel silenzio anche nel momento della festa scudetto. Latitanza sospetta quella di John Elkann. L'Agnellino presidente ha fatto sapere, invece, che non ci saranno tre stelle sulle maglie finché le avversarie non ne avranno due. Magari era un invito a sbrigarsi, un'ammissione di indifferenza per la prossima stagione da leggersi in ottica Champions, o piuttosto una promessa al marketing del prossimo sponsor tecnico che accompagnerà il club dal campionato 2015 in poi. Niente di meglio che riservargli l'esclusiva, contando sul fatto che una delle due milanesi (ferme a 18 scudetti a testa) non impieghi più di sei anni a vincere due titoli.
Non c'è da dubitare dell'amore di Conte per la Juve e della sua vicinanza ad Agnelli e alla società, ma sarebbe naturale che la Juve dubitasse di Conte. Non sono passati inosservati i fuori onda nelle pubbliche relazioni, ci vuole uno studio psicologico per certi atteggiamenti, nevrosi e nervosismi che poi portano all'errore anche nelle valutazioni tecniche. Carlito's Tevez ci ha dato una splendida fotografia dell'allenatore Conte: non ci poteva essere elogio migliore da uno che ha conosciuto tecnici nel mondo. Ma Conte è splendido nel giardino di casa, poi il calcio ti porta fuori di casa e bisogna imparare. La settimana scorsa c'è stato un incontro con il Monaco. E non è stata una gran impressione, raccontano i francesi.
Da qui la domanda scontata: val la pena restare alla Juve e rischiare di rovinarsi la reputazione in due? O meglio cercare altra aria dove far palestra e costruirsi una costituzione da tecnico europeo senza dar troppo nell'occhio? Se la Juve fosse nelle condizioni di garantire una campagna acquisti di grossa portata, il rischio sarebbe ridotto. In altro caso, chi ci perderebbe di più? Antonio Conte, che non potrebbe fallire l'obbiettivo (almeno una semifinale Champions), o una società che perderebbe introiti e, al massimo, si sarebbe garantita un posto tra le prime tre in Italia? L'allenatore ha messo mani avanti: non ce la faccio. La Juve non può difendere tale tesi. I discorsi tra tecnico e club correranno sul filo di questa logica. I bookmakers scommettono sulla fedeltà alla causa. La logica dice che sarebbe meglio incontrarsi e dirsi addio: Conte ha dimostrato fatica fisica, stress e prosciugamento di energie.

Potrebbe capitare anche ai giocatori e sarebbe peggio.

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