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CR7, la metamorfosi del "bimbo" espulso dal suo parco giochi

Il primo rosso lo cambierà: ora sa che col Real era protetto e che la Juve non dipende da lui

CR7, la metamorfosi del "bimbo" espulso dal suo parco giochi

Un bambino sbattuto fuori dal suo parco giochi preferito. Questo è il Cristiano Ronaldo di Valencia. In lacrime, disperato. Perché il pianto è la prima forma di comunicazione del neonato. Nella semplicità esprime il tutto. E anche un fondo di verità. Il re è stato messo a nudo, altro che l'eroe «smutandato» delle campagne pubblicitarie. Probabilmente CR7 si è subito reso conto di essere caduto nella provocazione. Non era la prima della serata. Un calcetto, una spallata, quelli del Valencia non avevano perso tempo a far capire che aria tirava. Sono i trucchi del più debole nei quali non deve cadere il più forte. Perché comunque Cristiano Ronaldo le mani non le ha tenute a posto. Poi nel parchetto dove l'ha fatta sempre da padrone, ha trovato Fritz (più giuda che amico), l'assistente dell'inadeguato arbitro Brych, che ha trasformato una spettinata da giallo all'ex interista Murillo in una tirata di capelli da rosso.

Nella notte di Valencia, Cristiano Ronaldo ha preso coscienza del fatto che adesso gioca nella Juventus, non più nel Real Madrid: d'ora in avanti non potrà più contare su quella che in Italia chiamano sudditanza psicologica nei confronti della Signora. La sorella ha urlato: «Vogliono distruggerlo». Senza cadere nei retropensieri sul potere politico dei campioni d'Europa, in tanti si chiedono se con la maglia dei blancos sarebbe finita allo stesso modo, ricordando tutte le volte che l'ha scampata dopo aver fatto il bullo del parchetto. Resta il fatto che è arrivata la prima espulsione in carriera in diciassette stagioni di Champions, dopo centocinquattotto partite.

Così il primo mese in Italia, dall'esordio contro il Chievo alla prima in Champions, sembra aver trasformato il marziano in un umano. Se tre indizi fanno una prova, eccola servita: il gol che non arriva in serie A dopo tre giornate diventa «motivo d'ansia»; il capriccio di disertare l'evento Uefa a Monte Carlo per non aver vinto il premio; l'espulsione e le lacrime di Valencia. Un crollo anche nervoso, da non scambiare con fragilità, probabilmente perché aveva caricato d'attesa l'evento. Voleva essere subito decisivo in Champions con la Juventus, che l'ha portato a Torino per aiutarla a diventare padrona del parco giochi. E poi la voglia di rispondere alla tripletta di Messi del giorno prima.

Comunque ha scoperto che la Juventus vince senza di lui, anche se la lascia in difficoltà. E questa per la Signora è la notizia migliore del giorno dopo anche se non è una novità la vittoria in Champions con l'uomo in meno. Era già successo a Lione due stagioni fa, per esempio. Lottare e soffrire è nel dna della Signora. Ma a sorprendere è stata l'autorità con cui la Juve si è imposta questa volta. Non solo. La prima mezz'ora ha fatto capire tante cose. Una su tutte: la Juve in undici ha giocato un calcio europeo. L'infortunio di Khedira (starà fuori tre settimane) ha ribadito poi la qualità della rosa: dentro un «titolare» come Emre Can, nella ripresa spazio a Douglas Costa mentre in panchina alla fine sono rimasti Dybala, Cuadrado, Benatia, senza dimenticare Perin, e Bentancur addirittura in tribuna.

Una forza d'urto assoluta con tre palle gol clamorose create in avvio, tutte con lo zampino di Cristiano Ronaldo. Appunto il valore aggiunto. Ecco perché Massimiliano Allegri ha detto di non scherzare a chi chiedeva se la squadra giocasse meglio senza il portoghese.

È una Juventus formato Champions perché alla prima partita vera si è manifestata, dopo aver conquistato per inerzia le prime quattro in serie A. Si è scrollata di dosso il fantasma della CR7 dipendenza. E questo farà bene alla squadra, ma anche allo stesso portoghese, che ha partecipato alla festa nello spogliatoio, nonostante l'umore nero. L'unione del gruppo è una garanzia e il presidente Andrea Agnelli ha voluto sintetizzare quanto successo a Valencia postando la foto che ritrae il portoghese mentre viene aiutato da Bernardeschi, Mandzukic, Bonucci e Chiellini ad alzarsi da terra: «Uno per tutti, tutti per uno».

Ronaldo potrebbe cavarsela con una giornata di squalifica, si saprà giovedì. Se così fosse, tornerebbe contro il Manchester United. A Old Trafford. Dove il bambino ha mosso i primi passi nel parco giochi Champions. Il modo migliore per tornare a sorridere.

E a segnare.

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