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De Rossi, il gladiatore romano tutto giacca e carisma

In campo ha imbrigliato i rossoneri, fuori sempre l'approccio giusto: e ora viene ascoltato come un guru del pallone

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In 16 partite da allenatore, 11 vittorie e solo due sconfitte tra campionato ed Europa League, una media da 2,36 punti in A. Le vittorie della Roma in meno di 120 ore tra derby e quarti di Europa League sul Milan hanno un volto con barba rossiccia e occhi azzurri spiritati. Il nome è quello di Daniele De Rossi, passato da un equivoco all'altro: da ex con pantaloncini e parastinchi ad allenatore in giacca e carisma, vestito col portamento donatogli dai (pochi) chili in più. Non l'hanno arrotondato, gli hanno posato una corazza affine all'hollywoodiano Massimo Decimo Meridio. La reiterata esultanza a pugni chiusi dopo il derby è la trasfigurazione di un'indole che ricorda Brian McBride, più che Russel Crowe, e quella fumantina reazione a gomiti larghi dei Mondiali 2006. E qui sta il secondo equivoco, perché De Rossi più che un Vin Diesel della panchina, è un Keyser Soze travestito da Bruce Willis. Lo dimostra come ha messo in scacco il Milan nell'andata dei quarti, invertendo la fascia all'ex El Sharaawy, costringendo Leao a giocare spalle alla porta e mettendo le ganasce a Theo Hernandez. Bloccata la corsia di sinistra, il resto l'ha fatto Dybala con quel suo fare da pendolino centrocampo e attacco, versione 2.0 e in mezzo al campo del Cafu giallorossonero.

Sciabola e fioretto, dopo lo 0-1 sono state le sue stesse parole a raccontare chi è il De Rossi allenatore: «Non puoi non prendere gol, ma puoi scegliere come prenderli: abbiamo dato meno palla al Milan, era più intelligente averla noi. Nel calcio devi saper palleggiare in faccia all'avversario, essere verticale, ma anche fare le barricate». Dal suo predecessore José Mourinho ha ereditato un ambiente compatto e l'essere icona: le bandiere sventolano quando tira il vento e nel diluvio del 2-4 con l'Inter, primo ko a inizio febbraio, è rimasto in giacca e maglietta, fradicio parafulmine e primo inter pares. La forza di De Rossi è anche nell'onore delle armi concessogli dagli avversari: «Anche se abbiamo avuto diverbi, è una persona retta: mi piace come parla e come si comporta, ha le idee chiare», ha detto di lui Pioli. «Gli predissi la panchina della Roma, che ora con lui è più libera», raccontò invece Palladino dopo l'1-4 incassato dal Monza, che ora gli ha offerto due giorni di centro sportivo prima di Udine. Il segreto di De Rossi è nella semplicità che gli è nel sangue, non in metaforico senso: dopo il derby, il pensiero è al padre Alberto, «unico uomo al mondo più felice di me». Riservato e attento a fare un passo a lato quando ci sono i riflettori accesi, in 29 anni di panchine nelle giovanili della Roma ha fatto 740 partite: la cultura del lavoro di Daniele nasce lì.

Perché se Capitan Futuro ha un grande presente da allenatore, le motivazioni affondano le radici nel passato.

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