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Il Diavolo nello stadio tabù si affida ancora a Gattuso

Rino l'ultimo a firmare una vittoria a Torino: "Anche la Juve era spacciata con l'Atletico..."

Il Diavolo nello stadio tabù si affida ancora a Gattuso

Milano Da Gattuso calciatore (ultimo successo a Torino contro la Juve, marzo 2011, gol di Rino, una ciofeca la sua didascalia) a Gattuso allenatore: il Milan, in ritardo nella corsa Champions, stasera è di nuovo al cospetto del suo incubo chiamato appunto Juventus, location il nuovo stadio da cui è uscito puntualmente sconfitto nei precedenti 7 anni. Mai un punto guadagnato. Che in questo snodo della stagione servirebbe come acqua nel deserto «per dare la svolta» all'ambiente depresso e impaurito come riconosce l'interessato che in questi giorni parla come un libro stampato dopo quella dichiarazione sul proprio futuro («tra due mesi saprete e parlerò»). Bisogna naturalmente distinguere tra il Gattuso oficial e il Gattuso para amigos, storica distinzione di Luis Carniglia fine anni '60, per offrire due versioni completamente opposte sullo stesso argomento con l'impegno di pubblicare la prima e tenere riservata la seconda. Quando il discorso si fa serio, il calabrese, che è un inno alla trasparenza, riconosce che «dopo il derby si è inceppato qualcosa». Questo è sotto gli occhi di tutti. Forse ancora più interessante è la frase successiva confezionata per cancellare il sospetto d'aver schierato contro l'Udinese mezza punta (Paquetà) e due punte (Cutrone con Piatek) su pressione di Leonardo. «L'ho fatto perché era una sfida da vincere», la spiegazione seguita dal rimpianto inevitabile: «Due mesi fa un gol così (contropiede da calcio d'angolo in attacco, ndr) non l'avremmo mai preso». Vero, verissimo.

Questo è il Gattuso sincero che non nasconde il deficit più umiliante del suo Milan: 1 punto appena (contro il Napoli a San Siro) guadagnato nelle 5 partite con i vip che gli stanno davanti in classifica (Juve, Napoli e Inter). L'altro, quello diplomatico e politico, dispensa assicurazioni che servono ad allontanare le ombre del divorzio a fine stagione, con o senza Champions, e che alimentano il dibattito sui social rossoneri. «Non ho nessun problema con Leonardo e Maldini» continua a garantire come se dovesse convincere i cronisti che rilanciano le voci di corridoio rimpolpate dalle candidature del dopo Gattuso (sorvegliato dalla Roma di Totti) già pubblicate, Pochettino del Tottenham l'ultima soluzione. Preferita, è il caso di specificare, da Gazidis, il quale punta, anche per il prossimo mercato, ad acquisti di giovani talenti. Il brasiliano Emerson è uno di questi, non già acquisito dai rossoneri ma quasi grazie ai buoni uffici di Leonardo con quel mercato calcistico.

«Il mio futuro è qui, ho un contratto fino al 2021», è l'assicurazione che vale poco in tempi in cui la sintonia umana e tecnica conta più di qualsiasi firma e anche di qualsiasi contratto. Poiché allora il futuro è lontano e non conta più del presente, cioè la rincorsa al quarto posto adesso messo a rischio dalla volata atalantina, ecco che la resurrezione di Gattuso allenatore passa ancora dalla strada strettissima della Juve e del suo stadio tabù. «Anche loro prima dell'Atletico erano considerati spacciati» la sua morale rivolta più allo spogliatoio rossonero che alla platea dei tifosi. «Dobbiamo ritrovare entusiasmo» è la ricetta semplice semplice di Gattuso che di Allegri, ai tempi, era destinato a diventare assistente.

Poi decise, da testone, di accettare l'offerta svizzera del Sion e non se ne fece più niente.

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