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Dieci mesi da Signora e due da dimenticare ma passa la prova del 3

Quarto scudetto più coppa Italia Contro il Barça sfuma il triplete Pirlo, Tevez e Vidal dimenticati

Dieci mesi da Signora e due da dimenticare ma passa la prova del 3

C'è un prima e un dopo nell'anno solare della Juventus. Spaccato esattamente a metà. Il meglio e il peggio, i record da ricordare e quelli da dimenticare. Un 2015 a forti tinte bianconere con una sfumatura grigia a velare lo sfondo. Per quello che sarebbe potuto essere e non è stato. Tre trofei simbolo del monopolio bianconero in Italia. Scudetto, il quarto di fila. Coppa Italia, la decima per la stella d'argento. Supercoppa italiana, la settima è «cinese». In mezzo una finale persa per il trono europeo. La resa di fronte alla squadra più forte del mondo, il Barcellona. Quella notte di Berlino non ha chiuso il cerchio, subito considerata per il presidente Andrea Agnelli «punto di partenza». Nonostante su quell'aereo di fatto non siano più risaliti Carlos Tevez, Arturo Vidal e Andrea Pirlo. Tre pilastri. Ma la Signora non si è scomposta, d'altra parte l'estate precedente aveva tenuto botta all'addio di Antonio Conte, l'uomo della rinascita. Massimiliano Allegri accolto tra insulti e sputi, è riuscito a fare meglio. Se maggio è il mese delle coppe alzate, agosto e settembre sono quelli da dimenticare. Una vittoria in sei partite di campionate, zero successi in casa nelle prime tre. Sembrava tutto da buttare, avvolto dalla nostalgia per quei «tre». La Juve ha fatto quadrato, ha toccato il fondo contro il Sassuolo nella settimana in cui Pavel Nedved è diventato vicepresidente. Un segno. Come le parole di Buffon ed Evra, un pugno nello stomaco per «svegliare» i giovani, i nuovi. La risalita è passata dall'Europa, due vittorie con il City. Poi il settebello calato in campionato per chiudere alla grande il 2015. L'anno della trasformazione. Da Tevez a Dybala per i gol; da Vidal a Mandzukic per i momenti decisivi; da Pirlo a Cuadrado per le giocate. La Juve si è ridata un tono, a tre punti dall'Inter, la rivale storica contro cui aveva aperto pareggiando il 2015, prima gara di una striscia di tredici partite utili per cucirsi il quarto tricolore di fila. Poi i ko storici col Parma «fallito» e nel derby di Torino. Ma la testa a quel punto era già alla Champions, al Real Madrid, un altro cinque maggio bianconero. Poteva eguagliare il «triplete» di mourinhana memoria. Appunto, quello che sarebbe potuto essere e non è stato. Ma il 2015 è l'anno della trasformazione anche nell'anima della Signora, sempre più europea. Se Buffon a febbraio parlava di «sogno», ora la Champions è un obiettivo. Una squadra sempre più a suo agio sul palcoscenico europeo. La Juve ha chiuso l'anno pescando il Bayern Monaco per gli ottavi, pagando a caro prezzo la sbandata di Siviglia punita oltremodo dall'ex ingrato Llorente. Ha mangiato il panettone a meno tre dall'Inter dopo essere stata anche a meno undici. Allegri la sognava con il trequartista, l'ha ritrovata con la difesa a tre. La «dieci» a Pogba, il vero simbolo della trasformazione. Non ancora completata tra alti e bassi.

Una Signora più giovane che vecchia, ecco il 2015 a due facce della Juventus.

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