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Djokovic: «Papà è malato. Il Masters è per lui»

Adesso tutto è più chiaro, con la dedica che a fine battaglia - in una finale vinta in due set ma di un solo punto, come vuole la più crudele legge del tennis - Novak Djokovic ha voluto fare da numero uno: «Il Masters è per mio papà, lui sì che sta combattendo una vera battaglia ed è lui che mi ha dato ulteriore forza. Anche per questo ho dato tutto in ogni partita, specialmente in finale». Ecco che è chiaro, Srdjan Djokovic in ospedale dall'inizio di novembre per problemi respiratori e tutti a chiedersi perché Novak non vincesse più come prima, il perché degli alti e bassi di una stagione che lo ha visto fallire le Olimpiadi, che lo ha incoronato solo in Australia, come se vincere uno Slam in una stagione fosse davvero «solo».
Ora è chiaro insomma che è lui il re del tennis e non si manca di rispetto a Roger Federer se si fa notare che in fondo il tempo che passa non fa sconti per nessuno. E che a 31 anni vincere Wimbledon e arrivare così vicino a riconfermarsi Maestro non è poi così male. Poi, certo, non è più tempo per i cannibali, e adesso il risultato di Londra è la fotografia spietata di quello che è oggi il ranking. Tanto che perfino Roger lo sa: «Non avrei potuto giocare meglio di così...».
Novak Djokovic quindi se lo merita, lui che ha imparato negli anni così tanto da se stesso da diventare implacabile con gli altri, lui che sa adattare il suo gioco per ogni occasione da risultare ingestibile anche per chi da sempre l'aveva battuto. Si spiegano così i 24 errori gratuiti di Federer sul diritto, il suo colpo prediletto, ma soprattutto si raccontano così i numeri della otto giorni di Nole a Londra, perché se alla fine uno in 5 match giocati mette a segno 796 punti in 616 minuti di gioco per guadagnare 1.760.000 dollari, il risultato fa 2211 dollari a punto e 2857 al minuto, cifre appunto da Migliore.
Ed ecco allora, adesso papà Srdjan sarà davvero orgoglioso, «e gli porterò la coppa in ospedale: ho voluto tenere segreto lo stato della sua salute perché non volevo che tutto il mondo parlasse di lui. C'è stato un momento molto critico, è ancora in terapia intensiva, ma ora gli farò visita e spero che questo trofeo gli possa donare un sorriso». Quello che Novak d'altronde ha ritrovato in campo, soprattutto perché ha dimostrato ancora una volta qualcosa di più: «Negli ultimi anni non mi sentivo molto bene su questo campo, sono arrivato molto stanco e non sono riuscito ad esprimere il mio miglior tennis. Ma quest'anno è stato diverso. Ero molto motivato e più fresco fisicamente. Ho giocato un tennis fantastico, la prima partita contro Murray mi ha dato molta fiducia e in quelle dopo ero vicino al mio miglior livello». Fino alla finale, fino in fondo.
E adesso che ne sarà del tennis? Djokovic è già pronto a ripartire, missione Australia a gennaio, e non manca di mandare un pensiero a Nadal: «Rafa ci manca molto, a 26 anni è già una leggenda. Spero che si rimetta presto e di vederlo in campo a Melbourne». Federer invece guarda il suo destino da meraviglioso numero due e ammette che non basta più trovarsi avanti di un break in due set per vincere una partita: «Credo sia stato un buon match. Grande intensità, grande pubblico. È stato divertente giocarlo. Ritirarmi? Mi diverto troppo: nonostante tutto non ce la faccio».

Già, in fondo adesso tutto è più chiaro.

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