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E il Barça dimostra che l'allenatore è un corredo

E il Barça dimostra che l'allenatore è un corredo

D omanda elementare: ma se i tre tenori sudamericani fossero scesi in campo per il Bayern di Monaco, il risultato di queste due semifinali di Champions quale sarebbe stato? O forse qualcuno crede ancora che Pep Guardiola o Luis Enrique siano loro gli artefici del Bayern e del Barcellona?

Nella propaganda dei docenti di tattica e affini la risposta positiva riguarda soltanto i due allenatori, maestri di schemi e di assemblaggio. Chi conosce il calcio da sempre e di sempre sa benissimo, invece, che si può giocare a pallone senza la presenza degli allenatori mentre non è affatto vero che, presenti le due figure in panchina, si possa giocare senza calciatori. Ovviamente questo è un paradosso, anzi una provocazione ma il gioco del Barcellona dipende dai numeri eccezionali di Lionel Messi o di Luis Suarez o di quel brasiliano che sta imparando che cosa sia il calcio europeo, intendo Neymar. Un fenomeno argentino più due grandi calciatori, uruguagi e brasiliani, ecco la chiave del Barcellona che nei secoli ha cambiato cento tecnici ma ha conservato, così come il Real Madrid, la propria matrice, il marchio di identificazione: lì soltanto gente vera, di fama e di censo, ad allenarla può bastare un "qualsiasi" olandese, spagnolo, gallese, italiano, inglese, portoghese.

Guardiola è stato messo dietro la lavagna dai vecchi bavaresi, l'ultimo è stato l'ex portiere Khan che ha detto chiaro e tondo che il catalano nulla ha capito di come si debba giocare in difesa. Già Beckenbauer si era espresso in modo critico, con lui Lothar Matthaus, tutti autorizzati a dare lezioni sul Bayern e sul gioco. Così Luis Enrique che con la sua bazza al vento aveva preso le torte in faccia della Roma e dei romanisti una volta rientrato a Barcellona, sembra adesso il miglior tecnico in circolazione.

Le chiacchiere stanno a zero, il Bayern senza i suoi due migliori esterni di attacco, Ribery e Robben, è squadra normale, le scelte tattiche di Guardiola, nella partita di andata (in avvio difesa a 3 contro quelle tre bestie del Barcellona! roba da ritiro del patentino) hanno smascherato la verità, non basta il kamasutra se non si conosce la prima posizione, cioè saper giocare a pallone.

I blau grana in finale possono vincere la 5ª coppa, sempre la metà dei trofei continentali del Real che li insegue nella Liga. Il tiki taka è una bella immagine che ha riempito bocche e spettacoli televisivi, già l'Olanda di Cruyff o la Danimarca di Elkajer e Laudrup praticavano un football da palla a terra fino all'esasperazione, ho citato apposta gli interpreti sul campo e non i maestri in panchina.

Totale: il calcio è dei calciatori, con l'allenatore a corredo e la società a coagulare e tutelare il tutto. La sfida tedescospagnola ha dimostrato che Pep, in fondo, altro non è che Peppino e che il vero Luis del Barcellona non è Enrique ma Suarez.

A Berlino si replica.

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