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E due! Rossi re di Spagna La vendetta prosegue Ma dà la mano a Marquez

Dopo Jerez, Barcellona dove vince per la 10ª volta. E onora Salom alla sua maniera: battendo Marc e facendo pace con lui. Iannone sperona il povero Lorenzo

Benny Casadei Lucchi

Il pilota Valentino Rossi ha vinto il Gran premio di Catalogna. Seconda corsa spagnola messa nel sacco. Dopo Jerez de la Frontera, ecco Barcellona. Il pilota Valentino Rossi sta portando avanti con crudele lucidità il suo piano, quel piano: vendicarsi degli sgarbi che sente di aver subito nel finale 2015, in Australia un po', in Malesia tanto, a Valencia tantissimo. Per cui beffare gli spagnoli in casa dà «molto gusto» come aveva detto settimane fa in Andalusia. Il pilota Valentino Rossi ha dato una lezione a Marc Marquez che di quegli sgarbi considera capo, artefice, mandante, per cui rimonta, duello grande sul finale, giri mozzafiato, sorpassi e controsorpassi e poi la resa dell'altro. Vittoria numero 114, decimo Gran premio di Barcellona conquistato sette anni dopo il nono, mondiale riaperto grazie alla brutta gara di Lorenzo e al contributo non richiesto di Iannone che proprio Lorenzo ha poi buttato a terra a nove giri dalla fine. Ora Marc diventato leader dista 22 punti, Jorge 12. C'è di che sperare. Al Mugello due settimane fa «io molto fortunato e Vale col motore ko molto sfortunato» aveva detto il maiorchino. Ieri viceversa. Avanti così. Campionato che più bello non si può anche se è politicamente scorretto dirlo, pensarlo e sussurrarlo dopo che nel medesimo campionato c'è stato un morto. Però lo sport dei motori è da sempre questo, prendere o lasciare: se decidiamo di gioire per le imprese di questi ragazzi, dobbiamo anche accettare il loro modo di soffrire. Cioè poco. Cioè velocemente. Cioè il giorno dopo il dramma, Vale e Jorge nemici e uniti nel protestare per puri motivi agonistici contro le due esse introdotte per rendere più sicuro il tracciato e però poco digerite dalle loro Yamaha; e due giorni dopo il dramma la festa di ieri, cioè non tutto dimenticato ma tutto ampiamente archiviato. Sennò avanti non si va.

Il pilota Valentino Rossi ha stravinto e gioito e appunto archiviato il dolore. Giro d'onore, saluti al pubblico, quindi è andato dritto verso la curva del suo popolo, la tragica dodici, quella tinta di giallo bandiera, giallo t-shirt e giallo cappellino, quella tinta di pensieri oscuri poco sotto, dove sugli airfence bianchi è finita la giovane vita di Luis Salom. Il pilota Valentino Rossi ha salutato la sua gente mentre l'altra gente, quella normale del mondo normale, forse in cuor proprio si aspettava di vederlo parcheggiare la moto e onorare in qualche altro modo la memoria della povera anima scomparsa venerdì. Il pilota Valentino Rossi l'ha fatto, alla sua maniera però, da pilota appunto. Ecco perché non ce ne siamo accorti. A parte frasi di rito quasi estorte dai media e magliette listate a lutto fatte indossare dagli organizzatori.

Il pilota Valentino Rossi che era stato crudelmente vero e schietto di venerdì quando non si era affrettato a twittare messaggi di cordoglio per Salom ad uso esclusivo di media e benpensanti, l'ha onorato andando sul posto del dramma e non facendo niente per onorarlo. I veri piloti fanno così. Il linguaggio dei veri piloti è questo. Ferite, paura, morte vanno subito archiviate e nascoste nei cassetti dell'anima e onore, plauso, bacio e carezza all'amico o collega scomparso si portano in altro modo. Non certo con i minuti di silenzio. Come quello andato in scena prima delle gare di ieri che fa tanto piacere alla gente normale come noi e a chi governa lo sport delle moto e però calpesta i pensieri dei piloti che tutto vorrebbero tranne dover pensare, prima di una gara, a che cosa potrebbe succedere in gara. Molto meglio gesti e parole intelligenti fatti e dette al momento giusto. Come lo sguardo di pace con cui Marquez ha invitato il rivale diventato nemico e le parole giuste usate poco dopo quando ha detto «lo osservavo perché abbiamo fatto una bella battaglia, poi ho visto che mi ha guardato e ci siamo stretti la mano, una cosa importante anche per il motociclismo». E come quello di Vale che ha capito e colto al volo il senso del tutto e si è avvicinato allungando la mano verso Marc stringendola forte perché, ha spiegato poi, «stanotte ho pensato che facciamo uno sport bellissimo, ma pericoloso, quindi dobbiamo essere concentrati e tranquilli. Era la cosa giusta da fare». C'è stato tanto in questo gran premio, c'è stato troppo, c'è stato anche Iannone.

Non serviva.

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