Sport

Ma come faremmo senza aiuti pubblici?il commento 2

di Elia Pagnoni

V enticinque medaglie su ventotto, 193 atleti su 289 della spedizione italiana: l'Italia che fa sport è più militarizzata della Ddr. Il Coni e chi ha tifato per gli azzurri a Londra devono ringraziare Carabinieri e Polizia, Finanza e Aeronautica: senza di loro non ci sarebbe stato questo bel medagliere e senza di loro probabilmente lo sport italiano sarebbe ridotto al lumicino. Ma ciò non toglie che ci troviamo di fronte a una evidente anomalia nel panorama sportivo europeo, se non mondiale. Se il 67% degli atleti e l'89% delle medaglie di Londra arrivano da atleti militari ci chiediamo che cosa ci stia a fare il Coni... È mai possibile che lo sport olimpico italiano (fatta eccezione per gli sport di squadra, i ciclisti e i tennisti) debba essere in mano ad apparati dello Stato che dovrebbero avere ben altri compiti che non la cura degli atleti?
C'è una strana confusione di ruoli in tutto questo, un'invasione militare che si è accentuata con gli anni se pensiamo che nel '92 a Barcellona gli atleti con le stellette erano solo 85 su 318, pari al 27% contro il 67% di Londra. Fermo restando che tante discipline non sopravviverebbero senza i soldi dei corpi militari, abbiamo l'impressione di trovarci di fronte ad un «aiuto di Stato» difficile da spiegare. Che lo sport vada sostenuto dallo Stato o dalle amministrazioni locali è fuori di dubbio, che l'aiuto debba passare per forza attraverso i corpi militari è un altro discorso. Il cittadino non necessariamente appassionato di sport potrebbe chiedersi perché l'Aeronautica debba stipendiare un giocatore di ping pong o due ragazze che si danno alla pallavolo da spiaggia, perché due poliziotte debbano dedicarsi tutto l'anno al nuoto sincronizzato o perché si debba mantenere un agente di Polizia penitenziaria che gioca a volano. Si dirà: senza i soldi di questi corpi nessuno di questi atleti potrebbe fare il proprio sport. Sì, ma se pensiamo che i Carabinieri hanno arruolato per anni persino un certo Alberto Tomba e che le varie «Fiamme» - come è successo di recente - si strappano gli atleti a suon di ingaggi...
Non solo, ma con che criterio i vari corpi scelgono gli sport da mantenere? Perché il tiro con l'arco sì e il pattinaggio a rotelle no? Perché le società sportive private dell'atletica devono svenarsi per tirare a campare e poi i gruppi sportivi militari si prendono i migliori atleti con i soldi pubblici o con i contributi del Coni? Perché negli sport di squadra (e guarda caso alle Olimpiadi ne mandiamo sempre meno) si va avanti con i soldi dei privati e in quelli individuali ci si può appoggiare allo Stato? Forse qualcosa va rivisto nel sistema di finanziamento dell'attività sportiva in un Paese che fa fatica persino a mantenere i propri impianti di base.
In fondo, passi per certi sport che possono avere anche un legame con l'attività militare (il tiro, la scherma), ma certi abbinamenti sono un po' paradossali. L'Aeronautica fa la parte del leone, ma si occupa delle ginnaste della ritmica perché sono farfalle? O perché sono avieri che giocano con nastrini e clavette? Ma d'altra parte l'aviazione militare «sponsorizza» anche una ragazza che va in barca a vela.

Così la Marina, che non ha vinto nulla, potrebbe sempre darsi all'equitazione.

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