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Juventus - Catania, la favola del puffo Giak un film che vale il titolo

Nella vittoria con il gol al 92' c'è molto della Juve di Conte, squadra tosta in cui big e giovani leoni non mollano mai. L'Inter non c'è più: i nerazzurri escono tra i fischi e con un incubo viola

Juventus - Catania, la favola del puffo Giak un film che vale il titolo

Euforia da scudetto. Bastava guardare visi e sorrisi a fine partita e, perfino, l'inchino con stretta di mano di Conte all'arbitro. Vittoria nana conquistata con il Puffo della compagnia, quello che in Romagna chiamavano il Messi di Cesena. Qui lo hanno ribattezzato molto più modestamente Giaccherinho ma poi, quando guizza in area, uno non fa in tempo a dire il suo nome per intero e quello ha già combinato guai: agli altri, ovviamente. Giaccherinho ancora una volta mette firma sul gol che ti conquista. Quest'anno gli era già successo a Genova. Stavolta vale, a occhio, molto di più. Lo ha detto l'interessato: «Spero che sia la rete che vale lo scudetto». Quel rosario di sorrisi e felicità sventolati in campo potrebbe esserne la conferma.

Del resto che altro vuole le Juve per vincere questo titolo? Il Milan insegue affannosamente, gli altri ansimano e niente più. Il Napoli le ha regalato ancora tre punti, disinnescato dalla crisi di Cavani e da un allenatore che ha perso brutalmente la partita personale con Conte: immaginate cosa sarebbe stato se, due anni fa, la Signora avesse scelto lo scamiciato del Vesuvio anziché il “bellicapelli” juventino? Conte si merita le lodi e con esse la squadra che ha costruito e risponde ad ogni richiamo: non è invincibile come l'anno passato, magari perde ma non si perde mai. Ieri la partita si è complicata grazie alla bravura del Catania nel giocare stretto e attento tra centrocampo e difesa: un po' muro, un po' ragnatela.

La Juve ha mandato all'aria un paio di occasioni con Vucinic, colpendo anche un palo. Marchisio ha provato a infilarsi in area a modo suo, ma sempre sbattendo contro l'errore. Pirlo ha sbagliato un po' troppi passaggi. Pogba ha aperto le sue ali da airone calcistico solo nella ripresa. Il Catania ha quasi mai tirato in porta, d'accordo. Eppure la Juve e ha continuato a provarci, a giocare, a tentare di trovare soluzione all'enigma. E quando Giaccherinho è schizzato in area sul cross di Pogba, mal respinto da Andujar e dalla difesa, perfino il destro sporco che ha chiuso la partita e, probabilmente, la corsa scudetto, è sembrato un segno del destino: la fortuna aveva scelto il giocatore operaio e non qualche presuntuoso piede di fata. Come a dire: ve lo siete (lo scudetto) e ve la siete (la partita) conquistata con sudor di gomiti. Che tocchi pure a quello che tante volte ha lavorato e aspettato, ha corso per nulla, si è dannato faticando per poi leggere le lodi agli altri. Anche il pallone ha qualche legge non scritta ed ha voluto onorarla.

Del resto i numeri dicono che c'è molto di Juve in questo successo, forse ingiusto nei confronti del Catania che aveva meritato il pari e che, per la seconda volta consecutiva, perde una partita al minuto novantadue: contro l'Inter la settimana scorsa, dopo aver meritato di segnare almeno tre gol, e ieri dopo aver fatto poco e nulla per segnare. Che almeno ci sia differenza fra sconfitta e sconfitta: fra il perdere contro una squadra da scudetto e un'altra ricca solo di bizzosi personaggi.

La Juve è tosta e dura, ha conquistato 17 punti nei secondi tempi, un indizio della sua capacità di sofferenza, in casa non subisce reti da 382 minuti, ieri ha scagliato 15 tiri contro i 4 avversari. Forse lo stellone le ha schiacciato l'occhiolino. Quella di ieri non può andare molto lontano in Champions.

Ma veder grandi giocatori e giovani leoni battersi sempre fino all'ultimo pallone, inseguendo l'idea del gol e arrivarci quando ormai la partita sembrava chiusa è il segnale che solo un miracolo (del Milan) potrebbe cambiare la storia di questa stagione. Ma, poi, perché rovinare la favola del puffo di Giak?

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