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Federer asfaltato Contro «Robotovic» non c'è speranza

Marco Lombardonostro inviato a MelbourneUn boato. Accade dopo un ora e venticinque minuti di una delle esibizioni più totali di tennis mai avvenute in uno Slam e forse non solo. È come il tiki taka del Barcellona inarrestabile, è come la corsa di Bolt quando rallenta beffardo sul traguardo. È come Novak Djokovic che spolvera le righe, risponde tutte le palline, non ne sbaglia neppure una e davanti a lui ha Roger Federer in una semifinale degli Australian Open. È un 6-1, 6-2 in poco meno di un'ora: «Per battere Djokovic aveva detto l'ex campione Goran Ivanisevic prima del match - ci vuole un robot. Fatto come Djokovic però». E davanti a tale dominio, anche un altro grande come Jim Courier twitta basito: «Mai visto nulla del genere». Poi però ecco il boato, è il terzo set, e la faccia depressa di Roger cambia finalmente espressione: ha appena strappato il servizio al Cannibale e la Rod Laver Arena ruggisce. «Normale che sia così dirà poi Novak -: è il più grande campione che il nostro sport abbia mai avuto. Il mio compito è non farmi distrarre». Succederà naturalmente, perché Mito e Leggenda non giocano più ad armi pari, ci sono troppi anni di differenza. Ma Federer almeno dimostra che nessuno può umiliarlo, «e poi non sono così vecchio come pensate». Vero, ma non basta.Insomma: l'ennesima vittoria di Novak Djokovic su Roger Federer - alla fine in quattro set (6-1, 6-2, 3-6, 6-3) - è stata inevitabile ma non scontata. E il simbolo di tutto questo è stato il punto, meraviglioso, che ha deciso il match e lo ha deciso al contrario: perché l'ha vinto Federer (si era sul 4-3 e 15-30 del quarto set) e perché è stato quel passante impossibile di rovescio che ha chiuso uno scambio da standing ovation anche l'ultimo della sua partita. «Sì, meraviglioso, ne sono orgoglioso: però poi ho perso lo stesso», dirà lui. «Sì, meraviglioso, un punto incredibile: ma io ho chiuso gli occhi e l'ho dimenticato subito» spiegherà Novak. Che poi ne ha fatti sei di fila per chiudere il conto. Così, adesso, davanti a Robotovic come l'hanno rinominato su un giornale australiano - resta solo la finale di domenica, contro uno tra Raonic e Murray (in campo questa mattina alle 9.30). Mentre domani toccherà ad Angelique Kerber l'altra sfida impossibile contro Serena Williams. Due finali, un solo pronostico: «Ma chi può mai sapere? assicura Djokovic -. Nel tennis può succedere di tutto».

Ad esempio un miracolo.

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