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La Ferrari tenta il suicidio Marchionne quasi la uccide

Vettel sbatte su Kimi alla prima curva. Alla fine sono 2° e 5°. Sul podio Kvyat Il presidente: «Non è da noi, bravi poi a recuperare. Ma Seb ha fatto una...»

La Ferrari tenta il suicidio Marchionne quasi la uccide

Al netto della delusione ferrarista, degli opposti umori di chi impreca per un'occasione d'oro buttata via o chi tira sospiri di sollievo per il secondo posto finale di Vettel e il quinto di Raikkonen, la verità è che in F1 cadono gli dei. Conviene scansarsi perchè piovono come goccioloni nei temporali di maggio. Il segnale forte è arrivato da Shanghai dove ha stravinto Rosberg, ha straperso Hamilton, ha strapasticciato la Ferrari. O meglio: i piloti ferraristi. Perchè gli strateghi del muretto hanno invece fatto miracoli per mettere toppe qua e là dopo la rovinosa prima curva di Vettel addormentato che aveva lasciato praterie a lato finendo addosso a Raikkonen pur di evitare Kvyat alla sua destra.

Al netto della delusione ferrarista per tutto ciò, siamo di fronte a una caduta generalizzata degli dei perchè è precipitato Vettel che da quattro volte campione del mondo ha preso il giovane russo e nel dopo gara, a torto, gli ha detto «se non mi fossi spostato saremmo andati fuori in tre... sei arrivato come un siluro , è proprio necessario attaccare come un matto? Sei stato fortunato e Kimi ci ha rimesso». Solo che agli Stewart, ai Lauda, ai Senna, agli Schumacher una cosa del genere riusciva, cioè riuscivano a intimidere il giovane esagitato di turno. Oggi invece il giovane esagitato fa pat-pat con la mano sulla spalla di Seb e dice «ehi, stavo correndo, non posso guardare ovunque, sono sul podio, ci sei anche tu, va bene così, dimentica...» . Tralasciamo che anche i presidenti sono diversi da quelli di una volta. Il che non necessariamente è negativo. In casi dubbi come la vicenda Seb-Kvyat, un tempo avrebbero difeso il proprio uomo fino alla morte. Ieri Marchionne ha invece detto: «Quel via non è da Ferrari. Bravi Kimi e Vettel nel recuperare ciò che avevano perso, vuol dire che l'auto c'è... Da una parte siamo imbarazzati, dall'altra contenti per le prestazioni... Le scuse di Seb via radio? Al suo posto mi sarei scusato anche io, ha veramente fatto una... uno sbaglio innocente e si è fatto beccare da uno molto più inesperto di lui». Il che, ammettiamolo, è un'operazione trasparenza e schiettezza di indubbio valore. Giusto non fare differenze. Giusto cazziare i pilotoni come i pincopalla in azienda. In fondo lo stipendio sempre dalla stessa parte arriva. Però è ora che la Rossa raddrizzi il mondiale: quasi doppiata nel Costruttori e Seb a 42 punti da Nico.

L'altro dio caduto è Lewis Hamilton. Da quando la Mercedes ha deciso che i tempi erano maturi per puntare all'apoteosi über alles (pilota tedesco campione del mondo su auto tedesca), cioè sei gare orsono, ad Austin dove Hamilton vinse titolo e Gp, ecco che Lewis non ha più toccato palla. Sei trionfi di fila per Nico, compresi i tre di quest'anno: nessuno ha mai perso il titolo partendo così. Certo, gli errori di Lewis ci sono stati, ma le sfighe anche. Ieri, dopo bella partenza, la cozzata con la Sauber causa detriti di Kimi e l'ala finita sotto il sedere.

Non è un dio caduto della F1, ma certamente un potente dei motori avvisato e mezzo salvato. Il viaggio cinese di Marchionne avrebbe dovuto concludersi in ben altro modo: magari una vittoria. Invece è andata come è andata. Lo sport, con il suo imponderabile corollario di sfortune e umane debolezze, non fa sconti a nessuno.

Adesso lo sa.

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