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Fognini come Panatta e Barazzutti

Un italiano fra i primi 10 del mondo 40 anni dopo gli eroi di Davis

Fognini come Panatta e Barazzutti

Il fatto che ci sia arrivato con una sconfitta è lo splendido ossimoro di un momento della carriera in cui davvero ha imparato a vincere. Fabio Fognini tra i primi 10 del mondo del tennis è una notizia annunciata, ma non per questo meno gradita, o immeritata. È invece la dimostrazione che la vita dà sempre una possibilità, che invecchiare nello sport ma non solo porta con sé un bagaglio che tende a pesare sempre di meno. E ad avere sempre più valore.

Uno scrittore americano, Michael Mewshaw, lo ha definito un tipo infernale, tipo un Piccolo Diavolo del tennis, uno che fa di tutto per mettere tutti contro di lui persino se stesso ma alla fine non riesce a rendersi antipatico, anzi. E in tutto questo il numero 10 non è altro che la summa di talento e sregolatezza, un traguardo impossibile ma naturale, se si pensa a come Fabio sa giocare a tennis e sa nello stesso tempo distruggersi insieme alle sue racchette. Ma tant'è, quante volte abbiamo pensato che se Fognini avesse avuto un'altra testa la sua carriera sarebbe stata diversa. Ed invece aveva ragione lui, perché non può essere altrimenti se non come lo vediamo, ciondolante quasi svogliato durante ogni partita eppure capace di colpi che nessuno fa come lui.

Un italiano Top 10 quarant'anni dopo, nessuno c'era riuscito dai tempi di Panatta e Barazzutti, ed erano davvero altri tempi. Oggi il tennis è altra cosa, ci vuole capacità, costanza, grande allenamento e molta testa. Già, proprio quella. Sarà certo per il matrimonio con Flavia, sarà per l'arrivo del piccolo Federico: si sa che quando si diventa mariti e padri si capisce molto di quel mondo così lontano quando si è giovani. Ma è la strada che facciamo tutti, anche fuori da un campo in terra rossa: in fondo tutti spacchiamo racchette ogni tanto, anche senza averle in mano. E sicuramente - per dire - lo fa lo stesso Federer, sempre così senza una piega quand'è sotto i riflettori, ma chissà poi..

Il merito di Fabio quindi è di non essere come lo vorremmo: magari meno scostante a volte quando si presenta in conferenza stampa mangiandosi le unghie, di sicuro più controllato quando dà fuori di matto cercando di aver ragione pur sapendo di avere torto. Eppure, questo Fabio Fognini ha raggiunto il suo traguardo, quel numero 10 che ha sognato una vita e che ha pensato più volte di aver buttato via.

Lo ha fatto perdendo, perché per raggiungerlo ha dovuto aspettare che proprio Re Roger rimediasse alla sua sconfitta con Zverev battendo l'unico che poteva dargli fastidio, ovvero Wawrinka. Ma in fondo ogni ossimoro è una grande verità: in questo caso che Fabio e il tennis, anche se litigano spesso, stanno sempre dalla stessa parte.

Quella dei grandi.

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