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Gareth e Gigi, sfida tra due traghettatori dal destino opposto

C'è gente che nasce cittì. E altri che, per caso, si ritrovano a fare quel mestiere

Gareth e Gigi, sfida tra due traghettatori dal destino opposto

C'è gente che nasce cittì. E altri che, per caso, si ritrovano a fare quel mestiere. Dicesi traghettatore, sostantivo infernale, Caronte rivisto e corretto nelle figure di Gareth Southgate e Luigi Di Biagio, il precariato che cerca la gloria in una serata a Wembley. I due non appartengono alla tribù degli eletti, l'Inghilterra le ha provate tutte e con tutte, alla fine ha scelto il migliore dei peggiori, un ex difensore di seconda fascia per i club frequentati, una coppa di lega vinta con il Middlesbrough e il passaggio dalla Under 21 ai Tre Leoni. Idem come sopra per Luigi Di Biagio che da calciatore esibisce una coppa Italia di serie C, fine dell'argenteria.

Ma i due, come nelle migliori commedia farsesche, hanno anche altre cose in comune: per esempio un rigore sbagliato nel momento topico delle loro nazionali, accadde a Southgate nella semifinale dell'Europeo del 96 contro la Germania, fu lui a mancare il sesto rigore, dopo i cinque centrati dai suoi sodali consegnando a Moller e ai tedeschi l'accesso alla finale, tra lacrime e disperazione del popolo di Wembley. Accadde a Di Biagio, due anni dopo al mondiale, contro la Francia, prendere in pieno la traversa della porta di Barthez permettendo a Blanc di portare i suoi avanti.

E non è finita: l'ultima vittoria italiana in casa degli inglesi data marzo ventisette, come oggi, del duemila e due, i due si affrontarono in quella partita e furono entrambi sostituiti dai cittì Eriksson e Trapattoni. Stasera abbracci e memoria, già sapendo che il destino non sarà proprio dorato, soprattutto per il nostro allenatore. Sulla testa del quale girano condor di ogni tipo. I suoi colleghi, radunati ieri per la consegna della panchina d'oro, hanno risposto a un sondaggio veloce su chi vorrebbero come nuovo cittì azzurro ed è bello vedere come certe facce di bronzo, capitanate proprio dal presidente dell'assoallenatori, non perdano il vizio delle bugie.

Il premio Pinocchio va, per l'appunto, a Renzo Ulivieri, fedele a Lenin, dunque al trapassato remoto, tanto da candidare Prandelli. Poi c'è Spalletti che vedrebbe Ancelotti piuttosto che votare, nella vita, Mancini. E' un bel rettilario che non si sbilancia mai, finge solidarietà ma, al momento giusto, non punta un solo centesimo sulla conferma di Di Biagio, licenziato ancor prima di essere assunto.

E' bello tutto ciò e conferma che non soltanto la stampa e la federazione hanno le idee confuse.

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