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Giampaolo capo cantiere. E il Milan sfida anche il tabù del dopo sosta

Mai una vittoria nelle ultime 10 post nazionali Il tecnico: «Questa non è ancora la mia squadra»

Giampaolo capo cantiere. E il Milan sfida anche il tabù del dopo sosta

Le maledizioni patite dal Milan sono diventate due. Una è quella nota, anche un po' retrò, la fatal Verona insomma che non convince chi, come Giampaolo, non è schiavo della scaramanzia. L'altra invece sembra più consistente e affonda le sue radici addirittura nelle ultime dieci sfide seguite alle soste per le nazionali. Bene: il Milan qui ha un deficit inquietante, non ha mai vinto, appena la miseria di 4 pareggi e 6 sconfitte, l'ultima delle quali patita, pensate le coincidenze, il 30 marzo scorso a Genova contro la Samp con quel gol lampo di Defrel regalato dal rinvio maldestro di Donnarumma. Per rintracciare un sorriso milanista post sospensione campionato bisogna addirittura retrocedere all'ottobre del 2016, Montella in panchina, e successo schietto col Chievo, 3 a 1. Questo per chi crede ai corsi e ricorsi storici, GB Vico perdoni l'accostamento.

Per Marco Giampaolo la maledizione vera è un'altra, la terza. E cioè il ritardo col quale il Milan sta diventando squadra e il tempo ridottissimo a disposizione avuto negli ultimi giorni, «ho allenato 7-8 elementi e negli ultimi 3 giorni tutta la rosa» la segnalazione del tecnico che non è una scusa ma una presa d'atto. Anche perché le sue convinzioni non retrocedono di un solo centimetro. Da quella fondamentale («col lavoro metteremo a posto tante cose») a quella del sistema di gioco. «Non l'ho cambiato dopo Udine, ho solo modificato due posizioni mandando Suso sulla sua mattonella ma resto convinto che possa fare il trequartista» la precisazione che ha un sapore amarognolo visto che molte censure e critiche gli sono piovute addosso proprio per questo motivo.

Il Milan è in ritardo sulla tabella di marcia («a che punto siamo? Non lo so» la risposta sul tema), ha accolto i nuovi acquisti «a rate» e deve lavorare sodo per «rendere la squadra sempre più squadra», cosa che finora evidentemente si vede poco e non perché il tecnico di Giulianova non sia capace. Lo confessa apertamente. «Non è il mio Milan, io lavoro su un'idea, non invento nulla, la differenza poi la fanno le qualità dei calciatori, stiamo lavorando sui dettagli. L'importante che ci siano dedizione ed entusiasmo da parte del gruppo» l'analisi completa che non sembra autorizzare uno strepitoso ottimismo.

Sulla difesa dei suoi invece, Giampaolo è irremovibile. Specie sui più chiacchierati. «Rivedremo ancora Castillejo?», chiede un cronista e lui scuotendo il capoccione: «Mi offende questa domanda, il ragazzo è un grande lavoratore» manda a dire per far capire quale sia lo stato generale del Milan. Ci sono nuovi da inserire, altri da far partire dalla panchina per via di qualche viaggio faticoso e poi c'è da disinnescare la questione Piatek, lasciato fuori col Brescia e dal ritiro della Polonia autore di una intervista-sfogo. «In questi 3 giorni mi è piaciuto molto. Lui non deve fare solo calcio piratesco, deve fare uno e l'altro, anche il palleggio.

Non si lasci ossessionare dal gol» è il consiglio conclusivo prima di partire per Verona che sembra un'altra stazione di sofferenza.

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