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"Ho vinto cinque coppe ma non voglio esagerare"

«Che esasperazione: in estate ho sciato solo 15 giorni. Per me conta anche mangiare e dormire»

"Ho vinto cinque coppe ma non voglio esagerare"

Altenmarkt Annaberg e Altenmarkt sono vicine, siamo nella regione di Salisburgo, quella che ha visto crescere quasi tutti i più grandi campioni dello sci austriaco. Dalla Proell a Maier, dalla Fenninger (ora signora Veith) a Marcel Hirscher, solo questi quattro insieme hanno vinto 17 coppe del mondo generali. Ad Annaberg, dove vive, avevo incontrato il numero 1 delle ultime cinque stagioni alla fine di luglio. Ad Altenmarkt, dove ha sede l'azienda che gli fornisce l'attrezzatura, lo rivedo a due settimane dall'inizio della nuova stagione, che scatterà a Soelden il 22 ottobre. Lo ritrovo più teso, meno sereno, più stanco anche. Allora era reduce da tre mesi di silenzio stampa e social (tanto che qualcuno aveva pensato meditasse il ritiro), ora è reduce da due mesi di allenamento sulla neve, anche se in realtà ha sciato solo 15 giorni.

Come sta, Marcel?

«Oh bene grazie, anche se le gare incalzano, gli impegni mediatici aumentano e la tensione cresce. Però negli ultimi tempi ho fatto soprattutto tre cose: sciare, dormire e mangiare. Mangiare, dormire e sciare. Azioni vitali per me».

Ma quindici giorni di sci non sono tanti! Ci sono bambini degli sci club che in estate ne hanno fatti 50!

«Poveri loro, chissà dove andranno a finire! Scherzi a parte, credo che ci sia un po' troppa esasperazione, non si diventa campioni a 12 anni e in ogni caso non sciando così tanto in estate sui ghiacciai, cosa che a me non ha mai fatto impazzire dalla gioia, peraltro».

Lei come ha fatto allora a diventare un campione? Ci risulta abbia sempre vinto, fin da piccolo!

«Ma sì, è vero, però facendo sport a 360°, non focalizzandomi solo sullo sci, almeno fino a una certa età. Da bambino passavo quattro mesi estivi in un rifugio che mio padre gestiva a 1500 metri di quota sopra Annaberg: stavo in mezzo alla natura, ma la neve non c'era! In inverno invece sciavo tanto, perché i miei genitori lavoravano alla scuola di sci».

Ha 27 anni e si sente a fine carriera: perché, visto che ci sono sciatori che resistono vincenti fin oltre i 35 anni?

«Non posso dire ora dove sarò e cosa farò a 35 anni, posso solo assicurare che scierò fino al 2018, due stagioni ancora, poi si vedrà».

2018: è l'anno dell'Olimpiade in Corea del Sud e un titolo olimpico è l'unico alloro che manca al suo favoloso curriculum.

«Ho vinto tanto finora e non voglio più pormi obiettivi. Un titolo olimpico non mi cambierebbe la vita, nel senso che vivrò bene anche senza».

Una volta ha detto che il successo per lei è un puzzle composto da tanti pezzi. I suoi sembrano essere sempre al posto giusto...

«Per me la squadra è tutto. E' vero che al cancelletto ci sono io, ma se partissi e i miei sci non fossero ben preparati non starei nemmeno in piedi. Se le mie gambe non fossero state rinforzate nel modo giusto non riuscirei a tenere la linea migliore. E se il mio addetto stampa avesse organizzato un'intervista a mezzanotte non sarei sveglio rendo l'idea? Non sono mai solo a vincere».

Nella scorsa stagione ha vinto in gigante, in slalom e persino in superG. Cos'è per lei la velocità?

«È piacere, ma anche pericolo e lo ammetto, a volte ho paura. Quest'estate non ho fatto molto allenamento per le discipline veloci, quindi per ora in programma c'è solo il superG di Beaver Creek (quello vinto un anno fa, ndr), per gli altri vedremo come sto».

In slalom l'anno scorso ha spesso visto le code di Henrik Kristoffersen, il giovane fenomeno norvegese.

«La nostra sfida ha persino fatto cambiare i gusti agli appassionati austriaci, pare che ora le gare più seguite in tv siano gli slalom e non più le discese! Henrik ha mostrato che si può andare forte anche senza avere un fisico pazzesco. Lui è leggero e brillante e mi ha motivato a lavorare ancora di più per provare a batterlo almeno ogni tanto!»

Cosa sono i sogni per lei?

«La sorgente di ogni obiettivo».

E la fortuna?

«E' bello averne, ma è meglio crearsela».

La sfortuna invece?

«Ti mette alla prova».

La cosa più importante?

«Facile, è l'amore!»

E quanto sono importanti gli sponsor e quindi i soldi nella sua carriera?

«Gli sponsor per me sono partner leali ai quali so di poter chiedere molto dando in cambio altrettanto.

Quanto ai soldi è bello averne ma non mi sono necessari per essere felice».

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