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I fenomeni del Napoli e quelli dell'Inter . È uno scudetto per 2

I colpi di Higuain e Reina esaltano l'organizzazione di Sarri. Mancini e le sue 14 formazioni la forza e l'umiltà nerazzure

I fenomeni del Napoli e quelli dell'Inter . È uno scudetto per 2

Hanno vinto in tanti, a volte succede nel calcio.Se avessero pareggiato non sarebbe stata la stessa cosa, commenti più soft e scontati, titolo ancora in palio, tutto rimandato, così invece ci sono due pretendenti sicure, s'è visto sul campo e c'è tanta polpa. L'Inter ha vinto perdendo.Finale da libro degli innamorati.

De Laurentiis era eccitatissimo: «Bravi tutti, una grande vittoria contro una grande squadra». Erick Thohir temeva solo di dimenticare qualcuno: «Ringrazio Mancini e i giocatori, grande spirito combattivo, grande secondo tempo». E hanno visto la stessa partita.Una serata storica che si è aperta con un minuto di silenzio in memoria di Luca De Filippo e si è conclusa con l'abbraccio tra il sindaco Luigi De Magistris e il presidente Aurelio De Laurentiis, come a Teano. E dopo lo stadio e la città ha vinto sul campo anche la squadra suffragata dai dati dell'Osservatorio: 187 conclusioni di cui 88 nello specchio, 395 azioni offensive, 28 a partita, media di 108,718 km, la più alta. Sul podio con il capocannoniere Higuain anche Insigne. Miglior assist man della serie A con 13 perle, 21 conclusioni a rete, secondo solo al suo centravanti, lunedì sera imprendibile con la palla fra i piedi, e lo davano per quasi infermo.

E poi Pepe Reina, che in cambio chiede solo una cortesia: «Restiamo umili per favore». E Sarri? «È stato bello ma scudetto resta una bestemmia». Alla guida del carro dei vincitori c'è lui in tuta. Il Napoli ha vinto, l'Inter ha stravinto, il Napoli è primo ma lo scritto l'ha passato l'Inter. Da una parte un portiere che para e un centravanti che segna, dall'altra un gruppo che sta venendo fuori con umiltà, senza certezze di titolarità nel ruolo tranne tre o quattro, una situazione che mette ansia e qui invece è il jolly in mano a Mancini. La formazione è una diretta conseguenza, 14 diverse in 14 giornate. Al San Paolo Melo e Jovetic in panca, Icardi fuori dopo 45', Nagatomo dopo 44, Orsato esagerato bacchettato in tv e sulla stampa. Questa squadra doveva uscire dal campo fra gli applausi per guadagnare qualche sponda in più nei giudizi e non c'è stato niente di meglio di una sconfitta. I due pali nel recupero l'hanno certificata, i secondi quarantacinque minuti la somma di mesi di lavoro in mezzo a critiche anche pesanti e adesso succederà come dopo l'ottava di campionato, quando pareggiando in casa con la Juventus perse la testa della classifica. Improvvisamente le sciabolate a caso nel mazzo dimezzarono, qualcuno osò anche che non c'era solo del marcio ad Appiano Gentile.

È la squadra inesistente, quella che non si può imparare a memoria, nessun titolare e tutte riserve, quella che si adatta all'avversario e al Mancio. Quando gli hanno chiesto di fermarsi e trovare un centro gravitazionale, lui ha risposto: «Ma chissà perché dovrei fare una cosa del genere». Poi ha aggiunto: «È così se non hai undici fenomeni». Altrove poteva scatenare l'inferno, la modestia nel calcio non ha molta residenza, qui ha trovato un gruppo che ha iniziato a fare sì, sì, con la testa, tutti convinti di non essere fenomeno, zero creste, allineati e discreti. Ljajic ha detto: «Una squadra normale non fa partite così. Li guardavo negli occhi e avevano paura». Ecco forse Icardi è l'unico che lunedì sera il carro lo ha visto passare ma non c'era più posto.

Ma i margini di miglioramento dei boys del Mancio, solo Handanovic, Miranda e Palacio sulla trentina, sono proprio i numeri in ritardo sulle ruote della Penisola: i gol di Icardi e Jovetic, e l'avvento di Kondogbia.

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