Calcio

Inzaghi in fuga con il made in Italy fa sparire le novità straniere del Milan. E la difesa è pronta per Spalletti

La via tricolore di Marotta & C. è un valore aggiunto e fa la differenza in campionato. Storicamente avere un solido gruppo "azzurro" è decisivo per lo scudetto. Da Darmian-Acerbi-Bastoni-Dimarco a Barella e Frattesi è Inter... Nazionale

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Inter-nazionale: c'è modo e modo di intendere. Leggere e vedere l'ultimo derby di San Siro per capire quanto conti la distinzione. Un'Inter più nazionale che mai nei suoi titolari e un Milan più stranger in the night che mai fra titolari e riserve. Sarà il caso ma è finita male, anzi disastrosamente male, per chi non ha un radicato ceppo nazionale e magari conosce il campionato nostro giusto per averne sentito parlare. «Conosci l'Italia» non vale solo per il turismo, vale anche per i calciatori che vengono a provare l'effetto che fa su un campo di calcio. È difficile pensare che i giocatori di una nazionale, tenuta lontana dai mondiali per due edizioni consecutive, possano regalare così ampia solidità ad una squadra tanto da lanciarla ad una finale di Champions League e chissà mai quest'anno. Vuole una regola non scritta della serie A che un solido, affiatato e valente (o talentuoso) gruppo Italia abbia fatto la fortuna di squadre superscudettate: la Juve in diverse edizioni, il Milan di Sacchi, Capello e Ancelotti, la Roma di Liedholm. Senza tornare a Herrera, Rocco, Parola e Trapattoni. Del resto pure l'Inter di Cuper, targata 2003, fermata in semifinale di Champions proprio dal Milan era a trazione italiana, con 5 giocatori in nazionale (Toldo, Cannavaro,Vieri, Di Biagio, Cristiano Zanetti). Per dovere di storia va detto che l'Inter (119 elementi) dopo la Juve (150) è il club che ha prestato più giocatori alla nazionale.

E Simone Inzaghi ci sta rispiegando l'effetto che fa avere un buon gruppo Italia: il derby ha scoperto il coperchio sui difetti del Milan, ricordato che la sere A addestra ed è meglio dotarsi di un conforto calcistico più abituato alle italiche battaglie piuttosto che lucidato da pedigrèe non sempre capaci di raccontare l'essenza del giocatore. Le nuove leve straniere e milaniste nel derby si sono letteralmente perse. Le novità nerazzurre, invece, hanno goduto della protezione del precedente made in Italy: quello di stranieri assuefatti al nostro giocare e di italiani che fanno la differenza. E sono titolari: se ne contano 5, ma con Frattesi diventano sei. Senza dimenticare che nel parco riserve c'è Sensi.

Una volta si pensava più all'Internazionale: Massimo Moratti se la godeva e diceva che bastava fossero giocatori dell'Inter, non gli importava ci fossero più o meno italiani. Eppure non se li è fatti mancare. Dando un'occhiata e partendo dal Duemila ecco un'Inter che poteva avere un minimo di 4 italiani ad un massimo di 13, in media si andava dai 7 ai 9: prevalentemente pochi titolari e tante riserve. Oggi l'Inter è più nazionale che mai: otto nella rosa, sei di recente in maglia azzurra. Anzi titolari suoi che poi vestono l'azzurro: ci sarebbe il tanto per dire che Darmian, Acerbi, Bastoni e Di Marco costituiscono l'attuale miglior difesa a disposizione di Spalletti. Darmian non è un'alternativa a Di Lorenzo, bensì un terzino e stopper (come ad inizio di carriera) aggiunto. Il derby ha confermato la bontà dell'italian style e degli italiani. L'Inter ha sorpassato il Milan in tutte le corsie di confronto. E forse il Cardinale presidente che vuol fare sempre l'americano dovrebbe dare un'occhiata alla strategia di Marotta che pensa sempre in italiano, nel senso di cercar giocatori stranieri esperti del nostro torneo. Magari un nome di minor presa ma di sicura resa: Arnautovic come Mikhitaryan ribattezzato Pippo Franco, Skriniar, Dzeko, Cuadrado, Calha.

D'accordo, anche Correa. I fuochi d'artificio che piacciono al Milan invece cadono, nella notte, in un affollato prato verde. E talvolta si spengono senza lasciar traccia. Non a caso quest'anno l'Inter punta a vincere, il Milan a convincere.

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