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Charles Leclerc: "Io, l'Alfa, la Ferrari e la spinta dei tifosi: mi vogliono sulla Rossa"

Ha già guidato la SF71H a Monza. Charles Leclerc: "Ma era solo uno spot. A breve saprò qual è il mio futuro..."

Charles Leclerc: "Io, l'Alfa, la Ferrari e la spinta dei tifosi:  mi vogliono sulla Rossa"

Milano La Darsena tutt'attorno è un caos. C'è la F1 in pieno centro. Lui, invece, emana calma. Gentilezza. Dolcezza. Ci sono felicità e tristezza nei suoi occhi mentre racconta del presente, si affaccia sul futuro e convive con un passato doloroso. Sono tre anni che va avanti così. Tre anni di felicità per una carriera e una passione che decollano ma anche tre anni avvolti in un velo di tristezza che non se ne andrà mai e «però mi ha aiutato a diventare migliore» confida. Charles Leclerc è monegasco, ha vent'anni, «ma sono di più» sorride, «perché in F1 è molto importante affrontare tutto con maturità e si cresce in fretta». Charles il ferrarista predestinato, Charles il talento della scuola del Cavallino parcheggiato in Alfa-Sauber sale sul marciapiede, si allunga oltre la recinzione e guarda tutt'attorno. «Sento l'affetto della gente» dice. «Fa molto piacere. Sono tanti anni che con l'Italia ho un rapporto speciale. Per questo non vedo l'ora di correre a Monza. Come pilota della Ferrari drive academy anche l'anno scorso era stato molto speciale, però adesso...».

Kimi Raikkonen è sempre molto amato, ma cresce fra i tifosi della Rossa la voglia di vedere un giovane accanto a Vettel.

«Mi accorgo che gli appassionati lo desiderano... me lo dicono spesso: Speriamo di vederti presto sulla Ferrari...».

Quanto presto, Charles?

Sorride. «Ora penso a dare tutto me stesso e a far bene con la Sauber Alfa Romeo. Credo fin qui di aver dimostrato di essere veloce. È questo che più conta».

Però hai assaggiato la Rossa in segreto un mese fa, a Monza. Per cui, a oggi, sei l'unico ferrarista che ha già girato con la SF71H a Monza.

«Sì, è vero. Ed è stato emozionante, ma erano solo 100 km per i filmati pubblicitari. Vettel e Raikkonen non erano disponibili e così il team ha chiesto a me... Però non ho potuto spingere».

Jacques Villeneuve sostiene che il lupo giovane accanto al lupo esperto rischia di essere mangiato. Parla di te e Vettel, nel caso andassi in Ferrari.

«No, non sono d'accordo. Per un giovane è solo positivo lavorare e confrontarsi con un grande campione. S'impara e migliora più velocemente. Non sarebbe male se succedesse...».

Come Verstappen, lanciato subito in mischia accanto a Ricciardo.

«Ci conosciamo da tanto, correvamo insieme nei kart. Max sta facendo vedere al mondo di che pasta è fatto e che cosa possono fare i giovani piloti. Mi piacerebbe ritrovarmi in una situazione simile alla sua, con un'auto molto competitiva e poter lottare per la vittoria».

A inizio estate sembrava quasi fatta. Sergio Marchionne puntava molto su di te per il 2019. Poi Raikkonen ha ripreso ad andare, poi la morte del presidente...

«La verità è che non è mai fatta. Però spero ci siano delle novità a breve. In questo primo anno ho dimostrato velocità, ho fatto bene, ma per ben tre volte negli ultimi cinque Gp non ho concluso la corsa».

Come a Spa, domenica. La monoposto di Alonso che ti piomba addosso al via, l'Halo che ti salva la testa. E forse la vita.

«Non mi piace guidare con l'Halo, però sono molto contento di averlo avuto... Sono stato fortunato».

Hanno deciso di introdurlo dopo il terribile incidente di Jules Bianchi a Suzuka, nel 2014 (il giovane francese morì nel 2015 per le conseguenze di quell'impatto, ndr).

«Eravamo grandi amici. Mi piace ricordare le tantissime risate. Io e Jules ci siamo divertiti tantissimo insieme. Vedo spesso i suoi genitori, sono come una famiglia. Pensa che avevo 3 anni e mezzo quando papà mi portò dal padre di Jules. Aveva un pista di kart. Fu lì che mi innamorai di questo sport... Anche mio papà non c'è più».

Un anno fa il tuo messaggio strinse il cuore a tutti: «... papà ti amo, papà grazie di tutto, Jules sarà felice di rivederti».

«Affrontare un mondo difficile come questo senza mio padre è complicato, perché serve tempo. Però mi rendo conto che questo dramma mi ha fatto crescere molto. Ora sono una persona più responsabile e mentalmente più forte. A papà devo tutto. Il pilota che sono.

Soprattutto, l'uomo che sono».

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