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"Io, ultimo tedoforo grazie ad Andreotti e al no della Raggi"

Peris: "Attesi a lungo l'entrata e c'era chi si accendeva la sigaretta sulla mia fiaccola"

"Io, ultimo tedoforo grazie ad Andreotti e al no della Raggi"

Uno dei momenti più spettacolari delle Olimpiadi è certamente la cerimonia di apertura, con l'accensione del braciere da parte dell'ultimo tedoforo. L'ultimo tedoforo più famoso fu Muhammad Ali, il quale commosse il mondo quando ad Atlanta nel '96, con la mano tremolante per via del Parkinson, accese non senza difficoltà la fiamma olimpica. Ma non sono solo ex grandi campioni, come il pugile olimpionico di Roma '60, ad aver ricevuto questo onore. Per i Giochi romani del 1960, la scelta ricadde su un atleta sconosciuto di 18 anni, che aveva avuto il merito di vincere i campionati studenteschi di corsa campestre della provincia di Roma e che avrebbe dovuto rappresentare lo sport dilettantistico nel suo complesso. Il suo nome è Giancarlo Peris. «Finché non mi era arrivata la lettera del Coni racconta Peris - non ci potevo credere. Dicevo a me stesso: Figuriamoci, non può essere vero!. Ed invece, sarà stato il 15 agosto, sono venuti a casa mia con la lettera firmata. Tranne gli italiani, vennero poi ad intervistarmi da ogni parte del mondo. Ancora oggi conservo gelosamente quella lettera del Coni».

Civitavecchiese, classe 1941, Giancarlo Peris aveva il compito di concludere la lunga staffetta partita da Siracusa, completando di corsa gli ultimi 350 metri, quelli in cui si hanno tutti gli occhi del mondo addosso, verso il tripode. Era il 25 agosto del 1960, sessant'anni fa. Il giovane Giancarlo, vestito di bianco ed in tenuta ginnica, dentro uno stadio Olimpico stracolmo e in vibrante attesa, applaudito dalla folla, correva con la fiaccola in mano e saliva i 92 scalini («li ho contati alla vigilia» confida) della tribuna Tevere fino ad accendere il sacro fuoco di Olimpia. «Ero emozionatissimo quel giorno ammette Peris ma sapevo che dovevo essere freddo. Non volevo inciampare!».

D'altronde, solo quattro anni prima a Cortina l'ultimo tedoforo, il milanese Guido Caroli, era caduto con la fiaccola prima dell'accensione («Non si parlò d'altro, fu colpa di un cavo e per guardare sotto scivolai», confessò l'ex pattinatore, ora 93enne). Quella di Peris, dal canto suo, fu un'attesa infinita: «Già, Andreotti fece un discorso che non finiva mai. E io sotto il passaggio dello stadio dei Marmi con la fiaccola in mano ad aspettare, tanto è vero che il mio allenatore nel mentre si accese una sigaretta con il fuoco della fiaccola». Qualche giorno dopo Peris avrebbe assistito ai trionfi del tedesco Armin Hary sui 100 metri, di Livio Berruti sui 200 metri e dell'australiano Herb Elliott sui 1500. «Un'emozione indescrivibile. Io tra l'altro Livio lo conoscevo già, avendo esordito nella nazionale junior nelle gare contro Grecia e Polonia. Dopodiché, andai ad Asiago a fare degli allenamenti in collegiale con la squadra olimpica, e lì c'era pure Berruti, che aveva due anni più di me». Un infortunio a una gamba impedì a Peris di continuare a fare l'atleta e lo dirottò verso la facoltà di Lettere: divenne insegnante di italiano. «Un vero peccato non aver potuto proseguire la carriera da atleta, ho cercato di riscattarmi allenando a livello giovanile». In ogni caso, quel ruolo di ultimo tedoforo lo aveva già reso immortale. «A Civitavecchia rivela - mi conoscono in tanti e nella scuola dove insegnavo, i miei alunni stentavano a crederci: Prof, ma lei era veramente l'ultimo tedoforo dei Giochi di Roma?. Non ci credete? Vi faccio vedere la fiaccola. Ce l'ho ancora custodita, è proprio quella con cui accesi il tripode.

Dopo il no di Roma ai Giochi estivi del 2024, Milano-Cortina ospiterà quelli invernali nel 2026. «Se mi invitassero accetterei di corsa, sebbene ormai alla mia età faccia fatica a correre. Quando la Raggi disse no alle Olimpiadi di Roma, mi è dispiaciuto moltissimo.

Ma, in fondo, mi ha fatto un favore: finché campo, sarò ancora io l'ultimo tedoforo».

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