Sport

Lo ius soli delle due ruote Per sognare il Mondiale devi correre il "tricolore"

Da quest'anno solo chi è al via agli Assoluti potrà indossare in futuro la maglia azzurra

Lo ius soli delle due ruote Per sognare il Mondiale devi correre il "tricolore"

Sono tutti d'accordo: Federazione e Lega, corridori e squadre. Tutti attorno al tricolore, per difenderlo, tutelarlo e rilanciarlo. Non è una questione di ius soli, di cittadinanza, ma più di nazionalità e nazionale. Di orgoglio e appartenenza tricolore. Di maglia a strisce e azzurra. È una questione di sensibilità, oltreché di ambizione sportiva.

Domenica da Asti a Ivrea, sotto la regia organizzativa di Rcs Sport va in scena la sfida tricolore, che vale la maglia di campione d'Italia. Prima parte in linea (150 km), dopodichè quattro giri di un circuito di 21 km con la scalata della Serra (punte del 15%) per un totale di 236 km.

Negli ultimi anni la corsa tricolore ha vissuto momenti di grande difficoltà, con tanti troppi corridori a casa, anziché al via. Ora la Lega dei Professionisti di Enzo Ghigo e la Federciclismo di Renato Di Rocco hanno deciso: chi non corre gli Assoluti, non veste la maglia azzurra. «È una scelta ponderata e condivisa ci spiega Davide Cassani, numero uno delle nazionali azzurre -. I corridori sono d'accordo, ad incominciare da Vincenzo Nibali, che di maglie tricolori ne ha già vinte due, e grazie a lui questa rassegna ha ripreso vigore e valore. Anche domenica Enzo sarà regolarmente al via, per dare una mano al compagno di squadra Giovanni Visconti, che insegue il poker tricolore».

Nibali riporta nel ciclismo l'orgoglio tricolore, però a scanso di equivoci, prima che sia troppo tardi e qualcuno possa tornare a vecchie abitudini, la Federazione pone alcuni paletti. Due regoline semplici e chiare. «Mettere la regola che chi non corre deve essere in possesso di più che giustificati motivi altrimenti non veste l'azzurro è stato l'approdo più logico spiega sempre Cassani -. Se tieni all'azzurro, devi anche dimostrare di avere amore per il tricolore. Per il movimento e anche per gli organizzatori».

Mancano le squadre italiane. I team di prima divisione (World Tour) non ci sono più. Ne abbiamo un paio di matrice italiana, la UAE Emirates di Beppe Saronni, nella quale corrono Ulissi e Modolo, e il Team Bahrain di Nibali e Visconti. Se a vincere dovesse essere un team arabo o anche kazako, come l'Astana di Aru, il problema maglia si riproporrebbe come già avvenuto per Pozzato ai tempi della russa Katusha o per Nibali all'Astana.

«Io ero orgoglioso di poter vestire una maglia così ci spiega Nizzolo, tricolore uscente in forza all'americana Trek Segafredo -, ma devo dire che ho trovato un team che non mi ha posto alcun tipo di problema».

E sull'argomento anche Cassani è piuttosto chiaro: «Apprezzo i francesi e le loro squadre. Se vincono la maglia nazionale, loro la vestono per intero, senza quasi sporcarla con gli sponsor: tutta un'altra mentalità».

Corsa selettiva, quella di domenica. Con il Serra da affrontare cinque volte. Tra gli uomini più attesi Fabio Aru, che sta bene, dopo aver corso un Giro del Delfinato (5° finale, ndr) da protagonista e alla vigilia di partire per il Tour che scatterà sabato prossimo da Dusseldorf.

Bene stanno anche Giovanni Visconti e Damiano Caruso. Attenzione a uomini come Mattia Cattaneo, Francesco Gavazzi, Dario Cataldo e il talento trentino Gianni Moscon. Atteso anche Fabio Felline, che sulla carta ha la possibilità di far saltare il banco sulle strade di casa, visto che è torinese. Da non sottovalutare è Diego Ulissi. Il percorso gli si addice tantissimo, ma è appena sceso da San Pellegrino per un periodo in altura e, quindi, bisognerà vedere come il suo fisico si adatterà.

Prova tricolore in salsa azzurra: il 24 settembre, i mondiali di Bergen, in Norvegia. «Sarà un mondiale per passisti veloci, per corridori tipo Colbrelli, Moscon, Felline e Ulissi chiosa Cassani -. Anche per un Nizzolo, con il quale dovrò parlare per capire come intende preparare il finale di stagione. Stesso discorso vale per l'oro di Rio Elia Viviani. Insomma, ho delle idee, ma prima pensiamo al tricolore».

Anche perché chi non ci pensa, niente azzurro.

Commenti