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Juve, autocritica e dubbi «Servono gli attributi E un vero erede di Pogba»

Bonucci invoca più grinta, Chiellini il francese Agnelli: «Un rovescio non cambia i programmi»

Matteo Basile

Domenico Latagliata

Alzi la mano chi, tra i tifosi bianconeri, non avrebbe firmato a inizio stagione per trovarsi in testa alla classifica dopo venti giornate di campionato, con un punto in più sulla Roma ma più probabilmente con quattro visto che la Juve deve ancora recuperare il match contro il Crotone. Però per qualcuno è il classico mezzo bicchiere da vedere pieno o vuoto, a seconda di chi lo osserva. Semmai sono certi punti di vista di alcuni giocatori a lasciare aperte le porte della speranza alla concorrenza: «Fame, palle, intensità. Loro sì e noi no così Bonucci su instagram, dopo il ko contro la Fiorentina -. Zero alibi. Poche chiacchiere. Solo così possiamo arrivare in fondo». «Nella serie positiva dello scorso anno raramente Buffon si sporcava i guanti l'analisi di Chiellini -. Abbiamo cambiato dei giocatori e oggi siamo una squadra come le altre. Non siamo sempre solidi e inoltre è partito un giocatore come Pogba, ovvero il LeBron James del calcio: anche quando non si vedeva, era impressionante».

In serata la squadra al gran completo si è riunita al museo della scienza e della tecnologia di Milano per la presentazione del nuovo marchio (una doppia "J" minimal con la scritta Juventus), con un happening in stile hollywoodiano e l'obiettivo di portare il brand in tutto il mondo. Tra sorrisi e abbracci, con Higuain e Dani Alves mattatori del gruppo, il presidente Andrea Agnelli ha tracciato un bilancio del momento bianconero. «Vincere non è importante è l'unica cosa che conta per noi e questa stagione ci può e ci deve portare nella leggenda con il sesto scudetto o con il percorso europeo. Il risultato della partita di ieri è un motivo di disappunto ma dobbiamo pensare alla prossima perché il nostro obiettivo è più grande della singola partita».

Anche se è una Juventus che ha subìto 16 reti in 19 partite: quattro in meno del saldo finale del campionato scorso. E comunque la convinzione di Marotta è che «forse a centrocampo non siamo all'altezza delle stagioni passate, ma la rosa nel suo complesso è più valida». Forse sì o forse no: il verdetto arriverà dal campo. Quattro, finora, i ko tra i patri confini: gli stessi dell'anno scorso a questo punto della stagione, quando poi però Buffon e compagni inanellarono una clamorosa serie di quindici vittorie in fila e addirittura di 25 in 26 match, con il solo pareggio a Bologna del 19 febbraio. Adesso ci si aspetta insomma una reazione forte, tale da fare dimenticare i 17 tiri in porta subiti a Firenze: dove la BBC (Barzagli-Bonucci-Chiellini) è apparsa sfuocata al pari di Buffon, con l'assenza dell'acciaccato Pjanic che ha impoverito oltre modo il centrocampo e dove certe lamentele contro l'arbitraggio sono state respinte al mittente dagli stessi giocatori. Nervosetti, anche: sono stati infatti cinque gli ammoniti in riva all'Arno (compresi Alex Sandro e Sturaro: già diffidati, salteranno l'impegno di domenica contro la Lazio), dove pure Allegri ha avuto da ridire pesantemente con il quarto uomo (squalifica in arrivo?). Quanto al tecnico, ha aspettato il pomeriggio inoltrato di ieri per twittare il classico slogan tutti insieme, ancora più uniti verso la leggenda. Insomma: nulla è perduto e nemmeno compromesso, ma 4 sconfitte su campi caldi (due volte a San Siro, Marassi contro il Genoa e Firenze) rappresentano più che un indizio.

Soluzioni facili peraltro non paiono esserci: in mezzo al campo difficilmente arriverà altro, anche se la Juve vorrebbe anticipare lo sbarco di Bentancur (classe 1997) dal Boca Juniors. Mentre in difesa Evra tiene in scacco tutti, non sapendo se accettare l'offerta del Crystal Palace e congelando di conseguenza l'interesse per Kolasinac (Schalke).

La soluzione last minute potrebbe essere Spinazzola (in prestito all'Atalanta): comunque sia, non la situazione ideale per una società abituata a programmare anche le virgole.

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