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Juve tra Calciopoli e Arabi

I bianconeri ritirano il ricorso sul 2006 mentre il ricco fondo Pif punta la Signora

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Gianluca Ferrero cancella Andrea Agnelli. Il presidente della società bianconera ha firmato un documento con il quale rinuncia al ricorso in difesa e in rappresentanza della Juventus football club contro la federazione gioco calcio e Inter Milano spa. È l'atto contrario, anzi opposto alla scelta di Andrea Agnelli che, nel maggio del 2010, alla luce della pubblicazione delle nuove intercettazioni e delle dichiarazioni di illustri figure della giustizia sportiva (Piero Sandulli), aveva presentato a Coni, Figc e Procura federale un esposto per la revoca dello scudetto assegnato all'Inter e la richiesta di un risarcimento di 443.725.200 euro per le perdite subite dal club, relative alla retrocessione e all'esclusione dalle coppe europee. Dopo diciassette anni la vicenda si chiude ma soltanto parzialmente con la firma del presidente Ferrero, va letta come la didascalia del patteggiamento che ha portato a ridurre la cifra di risarcimento a 700mila euro, come fosse un'ammissione di colpe contabili e di gestione scriteriata ma, per l'appunto, lascia aperto il campo agli ulteriori passi che riguardano Tar, Corte di Giustizia dell'Unione europea e Cedu. Il 12 marzo del 2024 il Tar dovrà esprimersi sull'istanza presentata dall'ex amministratore delegato della società bianconera, Antonio Giraudo, sull'incompatibilità della legge 280/2003 rispetto ai principi del diritto comunitario; una eventuale sentenza positiva, con l'accoglimento della richiesta di Giraudo, provocherebbe un terremoto nella Giustizia sportiva e riaprirebbe il caso nominato come calciopoli.

Va da sé che, al di là degli aspetti legali, la rinuncia al contenzioso sullo scudetto aggiudicato all'Inter, provocherà sussulti nel mondo dei tifosi bianconeri già segnato dal verdetto del duemila e sei e, per coerenza, dovrebbe suggerire al club di correggere il numero dei titoli vinti, pure esibiti in varia forma, così rinunciando ad insistere su una questione, ribadita dagli ex calciatori e attori di quel periodo, ma cancellata dall'attuale dirigenza, su indicazione della proprietà.

Ma non è soltanto questa vicenda, già paradossale, a caratterizzare il nuovo corso bianconero. Juventus continua a vivere con affanno la propria situazione economica e finanziaria, come già pubblicato i primi tre mesi di attività hanno registrato un rosso di 75 milioni, cifra in prospettiva impressionante, la proprietà è intervenuta con un anticipo di 80 milioni sul nuovo aumento di capitale di 200 milioni, quota parte di Exor 123 milioni, proprio per rispondere alle esigenze e alle urgenze di cassa, dunque di liquidità, alla voce pagamento di stipendi e fornitori, costi di gestione ordinaria; il futuro è ugualmente fosco per l'assenza di introiti dalle competizioni internazionali, una terribile cartella clinica in contemporanea con lo stato di salute mostrato dal Milan che sta uscendo con lucidità e saggia programmazione da un periodo ugualmente critico ma con un progetto chiaro, senza squilibri causati dall'arroganza e da egoismi ingiustificabili (superleague). L'immagine Juventus risulta infine macchiata, la quotazione in Borsa è crollata, i continui aumenti di capitale non trovano più consenso tra gli azionisti e soprattutto all'interno della famiglia lo sconcerto è manifesto, avanzano sempre più il desiderio e la volontà di porre fine, il prima possibile, ad una situazione che non porta benefici se non ai calciatori e ai loro procuratori e non certamente all'azienda che è ritenuta «una fabbrica di perdite» o «un'attività assurda». Si susseguono le voci su una messa in vendita del club, la smentita alle nostre informazioni ha lasciato il tempo a un mormorio interessante, il fondo sovrano saudita, PIF, avrebbe mostrato interesse all'acquisto anche della Ferrari, ma si sarebbe tuttavia fermato dinanzi alle perplessità politiche di un momento internazionale assai delicato, viste le parti in causa e le loro radici religiose.

In contemporanea, il mondo privato Agnelli-Elkann vive vicende non degne della propria storia: questioni di eredità, vendita di storiche proprietà immobiliari, la villa Frescot a Torino ormai disabitata, l'attico di via XXIV settembre a Roma, la chiusura di villa San Martino a Villar Perosa, la causa legale sulle opere d'arte scomparse, il contenzioso, da assemblea condominiale, sull'affitto delle dimore, da figlia a madre (John e Margherita), il tramonto di un'epoca irripetibile e secolare che scivola nella vergogna Juventus, non certamente la squadra di football, ma la caduta di un simbolo per la famiglia, per la città di Torino e per lo stesso sport italiano. La firma di Gianluca Ferrero è quella che si sottoscrive a un testamento.

Ma soprattutto ad una confessione.

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