Sport

L'Allegri(a) di Dani Alves è la vera arma vincente

L'ex Barça: "Pelè mi critica? Ho vinto di più e sono felice lo stesso". E ai compagni troppo seri...

L'Allegri(a) di Dani Alves è la vera arma vincente

Si è permesso di zittire Pelé: «Lui è il Re. Io però ho più titoli di lui. Ma tranquillo, non fa niente: può continuare a criticarmi, tanto io sono felice lo stesso». Non le ha mandate a dire nemmeno a Mourinho né a Cristiano Ronaldo: «Si crede troppo personaggio, troppo protagonista». E quando, durante un match contro il Villareal, dagli spalti gli hanno gettato una banana in un chiaro gesto razzista, lui ha raccolto il frutto e se l'è mangiato: #Somostodosmacacos (siamo tutti scimmie') divenne l'hashtag più trendy del momento e Dani Alves visse uno dei suoi momenti di maggiore popolarità. «Ero più felice prima», si affrettò a dire. Insomma: se c'è qualcuno che non ha paura di esporsi, è il nuovo eroe del mondo juventino. Che a Montecarlo ha spedito due volte in rete Higuain, con assist degni di un trequartista vero e uno sberleffo alla carta d'identità che domani gli ricorderà di avere 34 primavere alle spalle.

Ha vinto tutto, in carriera. Ma non si è mai stufato. E si è sempre messo alla prova, fregandosene anche della possibilità di godersi un tranquillo tramonto in Catalogna, dove era arrivato dal Siviglia per merito di Monchi (oggi ds della Roma) che nel 2003 lo aveva pagato 550 mila euro incassando poi 35 milioni dal Barça: «Mi hanno trattato male ha detto recentemente il numero 23 bianconero -. E cercavo una nuova sfida». Marotta e Agnelli hanno fiutato l'affare, per di più a parametro zero: primi mesi non granché, quindi l'esplosione. Di gioco, talento, personalità e allegria contagiosa. «Dani è una persona solare, anche un po' matto ha detto Chiellini -. Vive tutto a duemila all'ora. All'inizio abbiamo fatto un po' fatica a trovare un punto d'incontro, sembrava un estraneo. Poi è cresciuto: tecnicamente è di livello superiore, vale Messi». Meglio allora averlo dalla propria parte, dal momento che conosce i segreti per arrivare a qualunque vittoria grazie ai 23 titoli conquistati in otto stagioni con il Barcellona. Una macchina brasiliana che fa avanti e indietro (non solo) sulla destra: a volte anarchico, spesso decisivo. «Se non si attacca non si vince», è un po' il suo credo. «Può giocare dove vuole», è il pensiero di Allegri. Il quale lo ha impiegato a volte nella linea a quattro difensiva e a volte, come a Montecarlo, da vice Cuadrado. Con risultati super, almeno in questo finale di stagione. «Sono una persona allegra, voglio contagiare chi mi sta vicino ha confermato di recente il brasiliano -. Anche i miei compagni della Juve, in certi momenti un po' troppo seri». Intanto, li riempie di assist e regala loro personalità. Utile, sempre. Perché sorridere non significa fare le cose poco seriamente: per informazioni chiedere (anche) a Neymar, asfaltato nei quarti di finale. All'orizzonte, il Real Madrid di CR7: varrà la pena godersi il duello.

Con scintille (e risate?) annesse.

Commenti