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La lezione di Pep. L'Italia fischia anche i vincenti

P ep Guardiola non è il tipo da intasare siti e agenzie con dichiarazioni e/o interviste. Rari i suoi interventi: sono scolpiti dall'attualità o dalla necessità di un chiarimento. L'ultimo è quello concesso alla tv del suo club per lanciare la prossima stagione. In poche battute ha condensato un paio di lezioni da trasmettere anche a platee lontane come la nostra. La prima riguarda gli improvvisati cronisti di calciomercato che hanno invaso il web con la fanta-notizia del suo arrivo a Torino per succedere ad Allegri sulla panchina della Juve. A innamorarsi di una notizia di mercato può capitare, è successo anche al sottoscritto. Innamorarsi di una suggestione invece è un peccato che si può tollerare a qualche buontempone non certo ai giornalisti.

La seconda, e forse ancor più preziosa lezione, è quella dedicata ai discutibili costumi del nostro calcio. Ha spiegato Guardiola, motivando la felicità nel restare ancora in Premier league, che «i tifosi italiani ti fischiano se non vinci» al contrario di quelli inglesi. Per informazioni a riguardo è il caso di interpellare Max Allegri che è stato messo sulla graticola anche quando ha vinto, ripetutamente, sfiorando la Champions in due finali raccolte in 5 anni che non sono proprio una banalità visto che allo stesso Pep l'impresa, separatosi da Messi, non è più riuscita.

La riflessione utilizzata dal tecnico che ha inventato il tiki taka deve far riflettere i curvaioli e i leoni da tastiera di casa nostra. Perché denuncia la mentalità retrò del calcio italiano ammalato di risultatismo radicale. Persino Lotito, presidente della Lazio, incassata la coppa Italia decisa da un clamoroso episodio ignorato dal Var, ha declinato l'insoddisfazione per l'ottavo posto in campionato. Tra qualche tempo faranno i conti con questo clima da Colosseo anche i più attesi protagonisti del prossimo torneo, Antonio Conte nuova guida dell'Inter e Maurizio Sarri, rivoluzionaria scelta della Juve da sempre fedele al motto bonipertiano («vincere è l'unica cosa che conta») e convertita dall'ascesa di Nedved al ruolo che fu di Marotta. Sarà divertente registrare i giudizi dei tanti juventini che qualche anno fa si presero gioco dei napoletani orgogliosi del bel gioco dei sarriani.

Di sicuro, con questa fama di macina-allenatori, Guardiola farà molta fatica ad accettare una panchina italiana.

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