Calcio

È un Mancio d'oro ma imbavagliato dal regime saudita

Il governo gli ha vietato la conferenza stampa dopo la sconfitta con il Costa Rica

È un Mancio d'oro ma imbavagliato dal regime saudita

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Un'idea per Andrea Abodi: potrebbe imitare il suo sodale Abdulaziz bin Turki Al Saud, saudita e ministro dello sport, il quale ha ordinato e imposto il silenzio stampa all'allenatore della nazionale, dopo la sconfitta contro Costa Rica. I fatti: nel teatro desolante, semivuoto, del St. James Park di Newcastle, filiale della banca calcistica di PIF, Public Investment Fund, la nazionale dell'Arabia Saudita ha giocato la sua prima amichevole contro Costa Rica e le ha buscate 3 a 1. Non ci sarebbe la notizia, i Falcons sono reduci da altre batoste, l'ex cittì Hervé Renard, un bell'uomo di Francia, ha tolto il disturbo dopo aver portato la squadra a ottime esibizioni nell'ultimo mondiale, battendo addirittura l'Argentina, ha dunque scelto di tornarsene a Parigi e guidare Les Bleues della nazionale femminile. Però la sconfitta vera è un'altra: la legnata sarebbe stata l'occasione ideale per ascoltare il commento, a caldo, del suo successore, al secolo Mancini Roberto, l'uomo delle scelte personali, la vittima di un linciaggio mediatico che lo ha paragonato al mostro di Firenze, Mancini il grande traditore dell'Italia tutta.

Ebbene, proprio mentre il neomilionario di Ryad stava per riassumere i pensieri e preparare le parole, gli è arrivato il divieto assoluto di parlare, niente conferenza stampa, saltato l'incontro con i giornalisti, comprese le radio e le emittenti televisive. Mancini si dovrà abituare, Abdulaziz e la sua orchestra non sono mica come i nostri ministri di Roma e federali di via Allegri, in Arabia Saudita se fiati contro le direttive del governo rischi il gabbio e molto altro. Esempio: nei giorni successivi all'insediamento trionfale del dimissionario azzurro, tra luci abbaglianti e melodie dei Ricchi e Poveri, Amnesty International è scesa in campo contro la condanna a morte di Mohammad bin Nasser al-Ghamdi il quale aveva osato manifestare le sue idee pacifiste sui social, Twitter e YouTube. Il condannato ha cinquantaquattro anni ed è un insegnante in pensione però, secondo la legge saudita, ha sbagliato a scrivere di pace e dovrà pagare, come ha deciso il tribunale penale di Ryad. Il caso non è isolato, visto che, dall'inizio dell'anno, il boia ha provveduto a giustiziare 196 condannati. Orbene, Roberto Mancini non corre questi rischi però al pronti via ha scoperto che dovrà vivere e convivere dentro una realtà non soltanto tecnica, quella della sua squadra, ma sociale e politica del Paese che lui ha preferito all'Italia, come scelta personale, sicuramente libera, aggettivo quest'ultimo impossibile da comprendere dai Falcons e dal resto dei sudditi del regno. Dietro la montagna di milioni c'è il deserto del rispetto e del senso civile. La prossima partita amichevole, contro la Corea del sud allenata da Klinsmann, si giocherà martedì prossimo, ancora a Newcastle, nuova sede del potere finanziario saudita. Di solito, in casi analoghi, si usa dire e scrivere: contano i fatti, poche parole.

Con i sauditi, nemmeno quelle.

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