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Mazzù, un italiano tra le miniere di Genk

Origini calabresi, allena i belgi da giugno. Koulibaly è tra gli ex illustri

Alec Cordolcini

«A livello formativo, il vivaio del Genk non ha nulla da invidiare a quelli di Barcellona e Ajax». Non è il solito commento sensazionalistico creato ad hoc per far discutere, ma la sintesi dell'esperienza del technical coach Michel Ribeiro, che oggi lavora nella MLS ma in passato, per 13 anni, ha operato nella Genk Academy. Sotto le sue mani sono passati, tra gli altri, De Bruyne, Courtois, Milinkovic-Savic, Origi, Praet, Castagne e anche Koulibaly, per il quale il match di stasera rappresenterà un ritorno al passato. Anche il centrale del Napoli ha contribuito agli oltre 90 milioni di euro di plusvalenze realizzate dal club belga dal 2014 a oggi.

Sotto il profilo della scoperta e della valorizzazione dei giocatori il Genk è una miniera, termine non casuale visto che la città di Genk si è sviluppata proprio grazie al boom dell'industria mineraria, diventando - tra la parte di popolazione non autoctona - una sorta di Little Italy del Belgio. Da quest'estate sulla panchina del club siede un figlio di minatori, ovvero Felice Mazzù, passaporto belga ma origini calabresi, visto che il padre emigrò negli anni '50 da Scido, provincia di Reggio Calabria, per andare a lavorare nelle miniere di Charleroi. Lì Mazzù ha vissuto la parte più importante della sua carriera (mai un esonero finora), arrivando nel 2017 a vincere i premi di allenatore belga e allenatore di Pro League dell'anno, dopo aver riportato i bianconeri in Europa a 21 anni dall'ultima qualificazione.

Tanti i modelli, su tutti Sacchi, Mourinho e Simeone, e l'obiettivo di allenare un giorno in Italia, una terra che sente sua anche se non lo è mai stata. In Champions Mazzù ha debuttato malissimo perdendo 6-2 contro il Salisburgo, per una débâcle simile a quella di Gasperini con l'Atalanta. Si tratta del resto di allenatori partiti da lontano, senza sponsor che non sia il lavoro quotidiano fatto sul campo, e alle prese con un contesto di lusso fino a quel momento conosciuto solo indirettamente.

Nella rosa del Genk c'è il figlio d'arte, nonché meteora della Fiorentina, Ianis Hagi, che rappresenta un po' lo specchio della squadra in questo primo scorcio di stagione: in gol alla sua prima palla toccata in campionato, poi una rapida eclissi fino alla doppietta di sabato nel 3-3 contro il Sint Truiden.

Corrente alternata insomma, con picchi e cali imprevedibili.

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