Calcio

"Tra me e Gianni il patatrac all'Azteca. Ma tutto finì in lacrime di gioia"

"Tra me e Gianni  il patatrac all'Azteca. Ma tutto finì in lacrime di gioia"

Ascolta ora: ""Tra me e Gianni il patatrac all'Azteca. Ma tutto finì in lacrime di gioia""

"Tra me e Gianni il patatrac all'Azteca. Ma tutto finì in lacrime di gioia"

00:00 / 00:00
100 %

«Ma certo che faccio gli auguri a Gianni, compagno di mille battaglie nel Milan e in Nazionale. Ottant'anni sono un bel traguardo, che io ho già superato da tre anni». Ricky Albertosi resta sempre il numero uno, anche in fatto di signorilità. «La frase di Gianni che, dopo oltre mezzo secolo, ancora mi frulla nella testa? La pronunciò subito dopo il patatrac: E ora non mi resta che andare a fare gol». Impegno mantenuto: dopo pochi minuti Rivera segnò infatti il 4 a 3 contro la Germania in quella che è stata - forse impropriamente - definita «la partita del secolo» (in realtà assai appassionante durante i supplementari, ma nel complesso piuttosto mediocre). Parlare con Albertosi del famoso «patatrac» significa rituffarsi nella gloria schiumosa di quel 17 giugno 1970 messicano che fece da acceleratore allo schianto finale (4 a 1) contro il muro del Brasile di Pelé; era il 21 giugno, quattro giorni dopo il ko inflitto dagli azzurri alla Germania: ne venimmo fuori ammaccatissimi ma a testa alta grazie all'osso del collo che rimase integro nonostante la batosta.

Albertosi, che da sempre contende a Dino Zoff la palma del miglior portiere italiano di tutti i tempi (beh, ci sarebbe pure Buffon, ma Gigi fa parte di una generazione dove il ruolo stava già perdendo il fascino delle origini), accende per l'ennesima volta il film della memoria e lo proietta sugli schermi della leggenda: «Stadio Azteca, semifinale del mondiale più emozionante della mia vita. Tempi supplementari. Tre a due a per noi. Calcio d'angolo per i tedeschi. Rivera va sul secondo palo. Io ho come un sinistro presentimento. Sul palo avrei preferito un difensore non un attaccante. E infatti sulla torre di Seeler, ecco la spiazzata di Müller. Il pallone va proprio in direzione di Rivera. Un mastino come Burgnich l'avrebbe spazzato via alla grande, Gianni invece giudicò fuori la palla, voleva accompagnarla sul fondo. E invece fu il gol del 3 a 3. Gliene dissi di tutti i colori».

Fu allora che il Golden Boy rispose: «E ora non mi resta che andare a fare gol». Promessa mantenuta. Palla a centrocampo. E sulla prima azione Facchetti dà a Boninsegna che mette in mezzo e Rivera spiazza Maier con una finta entrata nella storia. Ricky e Gianni negli spogliatoi si abbracciano. E dalle lacrime di rabbia si passa a quelle di gioia. E, oggi, agli auguri di cuore.

Due campioni non possono che essere amici.

Commenti