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Mihajlovic e Mancini è l'ora della rivoluzione

Il serbo cambia i ritmi e le abitudini di Milanello. L'interista riparte con due soli titolari dell'anno scorso

Mihajlovic e Mancini è l'ora della rivoluzione

Milano riscopre la rivoluzione. Per lo scudetto, o almeno per la Champions. Obiettivo minimo, dichiarato e indispensabile. Lo richiedono i milioni investiti da Inter e Milan finora, ma non è finita. E così adesso la palla passa a Sinisa Mihajlovic e Roberto Mancini. Il nuovo allenatore rossonero ha fatto capire ai suoi che l'aria a Milanello è decisamente cambiata. Subito allenamenti ad alta intensità, prima partitella disputata con i parastinchi per capire il tipo di impegno richiesto. E ieri subito a martellare, a richiamare per i troppi errori in assenza di avversari. Tanto lavoro fisico, tanta palla. Ha già introdotto le prime pillole della sua famosa “periodizzazione tattica”, utilizzata anche da Josè Mourinho, quel metodo di lavoro che subordina gli allenamenti e la loro organizzazione al sistema di gioco adottato. E senza le coppe spesso le sedute di lavoro saranno due come già succedeva alla Sampdoria.

Ma soprattutto Mihajlovic ha già dettato le sue regole, se qualche rossonero avesse qualche dubbio sulla rigidità del nuovo tecnico, potrebbe chiedere informazioni a Samuel Eto'o. Una è quella dei due pasti da consumare a Milanello, un modo per cementare il gruppo, aumentare la coesione. Lui darà l'esempio perché si presenterà al mattino presto e se ne andrà solo a sera inoltrata. E presterà attenzione anche all'abbigliamento, niente eccessi. E dopo che a Inzaghi nella passata stagione erano stati imputati anche ritmi blandi in allenamento, adesso la parola d'ordine per Sinisa è soprattutto lavoro.

E non poteva essere altrimenti per l'amico Mancini che dalla Pinetina ha cinguettato: «Finalmente al lavoro». Parole e fatti, perché ieri il Mancio è sceso “direttamente” in campo. Lui ha già avuto sei mesi di tempo per introdurre metodologie di allenamento e idee tattiche e archiviare la gestione Mazzarri. Ma è quella che sta nascendo la sua vera Inter. Aveva chiesto 8-9 giocatori nuovi, li avrà. Per ora ha ribaltato la difesa pescando dalla Spagna e innestato Kondogbia a centrocampo. Ora aspetta un altro mediano, più Suarez di Felipe Melo, e gli esterni d'attacco Perisic (frenata Wolfsburg), Jovetic (c'è ottimismo) o Salah per definire il modulo tattico. Intanto è in arrivo il nuovo Hamsik, lo slovacco Duda dal Legia Varsavia. Di fatto la formazione nerazzurra rispetto alla passata stagione potrebbe conservare appena due-tre titolari: Handanovic e Icardi, forse un centrocampista. Più rivoluzione di questa è difficile. Mancini ora dovrà trovare la chimica giusta, cementare in fretta il gruppo per mantenere le promesse di scudetto. Sa di non poter sbagliare, cura ogni dettaglio, si è riservato anche la scelta del capitano se Ranocchia non dovesse essere titolare. In questo momento all'Inter tutto ruota attorno a lui.

Un po' quello che vuole provare a fare Mihajlovic al Milan. Una conferma è la risposta durante la presentazione alla classica domanda su chi farà la formazione: «Alla fine sarò io a decidere». Questione di personalità. Una mano potrebbe dargliela il sogno Ibrahimovic. Per completare un tridente da favola con Luiz Adriano e Bacca. Ma a questo Diavolo per tornare a far paura, serve puntellare anche la difesa con un centrale e un esterno. Intanto progetta con i giocatori a disposizione, ipotizza El Shaarawy a centrocampo. Un po' quello che ha tentato di fare Mancini con Kovacic, da trequartista a mezzala.

Dopo i colpi di mercato e in attesa delle ciliegine adesso la rivoluzione di Milan e Inter fa rima con lavoro. Tra tre settimane in Oriente, rossoneri e nerazzurri si ritroveranno di fronte.

Per capire se le rivoluzioni milanesi potranno essere vincenti.

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