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Dietro questa scommessa persa ecco Cerci, Rabiot e J. Martinez

Il "collegio" rossonero non l’ha rimesso in riga e Mario non poteva più restare. Ma adesso serve un’impresa sul mercato per ridisegnare la squadra di Inzaghi

Mario Balotelli ha perso la sua prima scommessa. Sbarcò a Milanello convinto di riuscire a dimostrare tutto il suo talento con la maglia che ha sempre amato fin da bambino, lontano dagli odiati tabloid inglesi. È ripartito per l'adorata Premier league, destinazione Liverpool, lasciando dalle nostre parti una scia di giudizi velenosi, accuse violente di colleghi e un resoconto non certo deficitario della milizia in rossonero (30 gol in 54 partite, mica poco), con l'aggiunta del naufragio azzurro al mondiale del Brasile che lo ha allontanato anni luce dalla conquista del Pallone d'oro, da sempre il traguardo ambizioso fissato per la sua carriera.

Anche il Milan ha perso la sua scommessa, riconoscendo con qualche anno di ritardo la fondatezza dell'originario giudizio berlusconiano («una mela marcia che può infettare tutto il cesto»): quel ragazzone, così pieno di sé, ribelle, poco incline alla disciplina degli orari e degli schemi, capace di finire in rotta di collisione con ogni precettore (Mancini, Allegri, Seedorf e poi anche Prandelli) non si è lasciato mettere in riga dalle regole del collegio rossonero e anzi ha finito col dichiarare guerra all'Italia intera grazie al tweet successivo all'eliminazione mondiale di fine giugno. Toccherà a Conte, ct con frusta e sgabello, provare ad ammaestrarlo e recuperarlo almeno al patrimonio scaduto del club Italia.

La cessione di Balotelli al Liverpool, censurata da una parte del tifo milanista secondo antica abitudine (quando sbagliava gol era da mandare via, adesso che è davvero partito, doveva restare: valli a capire!) ha un saldo attivo dal punto di vista economico: la cifra incassata (20 o 22 milioni le cifre circolate) può consentire una plusvalenza nel bilancio (registrato al valore di circa 16 milioni) ma non può soddisfare le tante, troppe esigenze tecniche del nuovo Milan chiesto e disegnato da Inzaghi. È stato Pippo, d'accordo con Silvio Berlusconi - che oggi sarà a Milanello - e Galliani, a chiedere la cessione di Mario per dimostrare in modo plastico al gruppo che il talento, se non è corroborato dal rigore professionale, non è sufficiente per conservare il posto da titolare e il ricco stipendio. La mossa è diventata, in controluce, un monito anche per i prossimi arrivi (Cerci tra tutti, altro genio sregolato preceduto da una fama non esaltante). Al Milan forse Balotelli non poteva più restare: i suoi colleghi non sorridevano più dei suoi ritardi, le parole di Barbara Berlusconi avevano segnato lo “strappo” con il club, il giudizio al miele su Jackson Martinez pronunciato da Galliani il giorno del raduno avevano lasciato intuire il piano preparato ad Arcore. Erano pronti a farlo partire, doveva solo presentarsi l'acquirente con un robusto assegno.

A questo punto è con il mercato degli ultimi giorni che misureremo l'altezza calcistica del prossimo Milan capace fin qui solo di raccogliere gol e sconfitte nel suo avvilente pre-campionato. Se Adriano Galliani dovesse riuscire nell'impresa clamorosa di centrare i tre-quattro obiettivi che sono ormai sulla bocca di tutti e cioè Martinez del Porto come centravanti, Cerci come ala, Adrien Rabiot (19 anni, centrocampista del Psg con contratto in scadenza nel 2015) e Dzemail come centrocampisti, allora lo scenario diventerà incoraggiante e la ricostruzione, morale e tecnica, sarà certificata dal dato anagrafico. Completata l'orchestra, a quel punto occorrerà infine confezionare uno spartito degno, per capirsi un calcio di qualità, finora appena intravisto.

E solo allora anche l'Inzaghi-allenatore, rimasto fin qui al riparo da censure e critiche, potrà essere sottoposto all'inevitabile giudizio.

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