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Il motomondo piange ancora 5 anni dopo Sic, morto Salom

Cade nel curvone ma la via di fuga in asfalto non lo rallenta e finisce contro la sua moto. Protestano i piloti, pista cambiata

Il motomondo piange ancora 5 anni dopo Sic, morto Salom

È morta una giovane anima. Un'altra. Neanche cinque anni dopo il povero Sic. È morto Luis Salom, spagnolo, maiorchino, moto2, ventiquattro anni, viso dolce, sorriso che cattura. Un ragazzo appassionato e coraggioso. Un figlio testardo e forte nella sua passione. Però è morto un pilota. E qualcosa cambia. Ora un altro genitore piange a bordo pista la propria creatura. Neanche cinque anni dopo papà Simoncelli col cuore e la vita disintegrati mentre guardava il figlio senza più casco e respiro e già aveva capito. Ieri è toccato a mamma Salom che non si separava mai dal suo ragazzo appassionato e coraggioso. È salita con lui sull'ambulanza e subito ha capito. Però papà Simoncelli e mamma Salom sono genitori di piloti. E qualcosa cambia.

Questa la cruda realtà. Questa però la verità. Questo l'unico, vero, modo per onorare una giovane anima che si immola per la passione e una famiglia che si dispera per lo stesso motivo. Ricordiamolo quando ci si stringe il cuore scorrendo le immagini o leggendo le cronache. Non sono figli come i nostri e non sono genitori come noi. Sono diversi, forse migliori. Sono coraggiosi, incoscienti, forti, avventurosi e per loro un braccio rotto in due punti è una puntura di zanzara; e una sedia a rotelle un inconveniente sul lavoro; e la morte è il fottuto destino che ti ha preso.

Non ci deve stare, ma ci sta. Succede. Non è cinismo bensì la vita vera di questi cavalieri del rischio. E di chi segue, asseconda, accompagna la loro passione. Lo sanno i figli. Lo sanno i padri. Lo sentono le madri. Mattia Pasini, pilota minore ma un gigante di schiettezza, ieri ha detto quello che molti che avrebbero dovuto dire hanno invece affogato nei toni luttuosi e in certe ipocrisie. Lo ha detto parlando del curvone incriminato perché la via di fuga è di asfalto e non di sabbia e la moto di Luis, una volta chiuso lo sterzo, anziché rallentare o cambiare traiettoria, è scivolata dritta dritta a mille all'ora contro gli airfence. Come Salom un respiro dopo, dritto dritto a mille all'ora anche lui. Solo che in traiettoria davanti all'airfence c'era la sua moto. Mattia ha detto «questo è ciò a cui possiamo andare incontro noi piloti, ne siamo consapevoli, sappiamo che il nostro mestiere è pericoloso e può succedere di farsi male o morire. Però se lo facciamo è perché il gioco vale la candela... Io sono pronto a rischiare queste cose perché amo il motociclismo, però non dobbiamo aspettare che accada una tragedia per migliorare un punto che già sapevamo pericoloso...». Fatto sta, da oggi, per decisione proprio dei piloti, tracciato modificato e rallentato in quel punto, adottando la chicane che si usa per la F1.

La tragedia a una ventina di minuti dalla fine delle libere 2, curva 12 di Montmelò, piega veloce verso destra e l'anteriore della moto di Luis che si chiude e via. È un attimo. Un incidente come migliaia nelle corse, che sta ai motociclisti come il calzettone calato ai calciatori. Quasi ordinaria amministrazione. Eppure niente da fare. L'impatto contro la moto è devastante. Arresto cardiaco. Perdita di conoscenza. Bandiera rossa, prove interrotte. Il buio che non si riaccenderà neppure all'ospedale di Catalunya. Luis viene dichiarato morto alle 16 e 55.

Adesso i tweet dei piloti amici e rivali, Vinales che ci correva accanto anni fa scrive «sei stato uno dei miei avversari più duri...», Fenati, «ciao amico mio», Lorenzo «sono distrutto, senza parole», e Fernando Alonso scrive «che rabbia, che tristezza, riposa in pace pilota». Già, pilota. Afferriamo questa parola per non pensare a un giovane di 24 anni che non c'è più. E oggi motori accesi. Ma non per quella sciocchezza dello «show must go on...» che piace tanto a chi non capisce di motori e corse e vita costantemente in bilico. Motori accesi perché sono loro a volere così. I piloti. Perchè vivere è accendere quelle belve e volare provando a domare motore e destino. Di solito riesce.

Di solito.

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