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«Nibali, il Lombardia è come un mio brasato»

Gualtiero Marchesi dai fornelli alle bici «Lo vinci cucinando tutti a fuoco lento»

Bergamo«È come per un brasato: bisogna avere tempo e pazienza, Nibali ha tutto per poter cucinare per benino tutti, ma non deve avere fretta». Gualtiero Marchesi, lo chef più conosciuto in Italia e nel mondo, con una passionaccia per la bicicletta, inquadra a modo suo il Lombardia edizione numero 109 (si corre oggi, partenza da Bergamo, arrivo a Como: 245 km). «Tra le classiche è quella che mi piace di più: è una corsa che esalta le doti di resistenza come nessun'altra corsa al mondo. Questa è certamente la più dura. Il mio tifo va per il campione d'Italia Vincenzo Nibali, che mi sembra avere la condizione giusta per poter centrare questo obiettivo. Ma come ho detto deve saper "cucinare" a dovere i suoi avversari. Con calma e pazienza».

A stimolare l'appetito ciclistico di Gualtiero Marchesi, che ieri sera a Bergamo ha ricevuto il 18° Premio Internazionale Vincenzo Torriani, prestigioso riconoscimento intitolato al grande "patron" del Giro e voluto dai figli Gianni, Marco e Milly (tra i premiati anche il vincitore di due Lombardia Gibì Baronchelli), è una bicicletta: una Bianchi con cui pedalava ogni mattina da ragazzino nel tragitto casa-scuola per dodici chilometri nelle campagne di San Zenone. «Ho pedalato tanto in gioventù - ha raccontato - e mi è sempre piaciuto questo sport. Alla fine della guerra ero talmente allenato che riuscii a battere anche chi passava le giornate in bicicletta».

Marchesi invoca una vittoria italiana: di Nibali, se potesse scegliere. Una vittoria che non arriva da sette anni. Tanto è il digiuno azzurro in una "classica monumento". Tanto siamo bravi e competitivi nei Grandi Giri, grazie a quei due autentici fuoriclasse del pedale che rispondono al nome di Vincenzo Nibali e Fabio Aru, tanto non riusciamo a produrre più un corridore in grado di vincere un mondiale o una "classica".

L'ultima vittoria di un corridore di casa nostra risale al 2008: Damiano Cunego che proprio sul traguardo di Como vinse il suo terzo Lombardia. Da quel giorno è notte fonda. Dopo gli anni ruggenti e carichi di gloria e vittorie grazie a corridori del calibro di Michele Bartoli e Paolo Bettini, tanto per citarne solo un paio, non abbiamo più avuto nessuno capace di far sentire la propria voce in una corsa di rango.

«Il ciclismo è alta cucina, non è "fast food". Qui c'è l'essenza dello sport. C'è l'uomo che si mette in gioco. Anche nel mio lavoro, insegnando a stare sui fornelli, ho spesso preso ad esempio il sacrificio dei ciclisti. Non è un caso che due dei miei allievi, Enrico Crippa e Davide Oldani, amino questo sport».

Il primo è conosciuto come "il cuoco ciclista", l'altro è arrivato a dire: «La bicicletta è la cosa più importante dopo la famiglia e la cucina». E non c'è da meravigliarsi se domani saranno anche loro sulle strade del Lombardia, con la speranza di vedere finalmente un italiano sfrecciare per primo in una "corsa monumento": è da sette anni che non ci riusciamo.

Troppo.

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