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«Non ho l'età per le emozioni

Ma voglio un'Italia eccitante» Ventura riparte da Conte: «Ha fatto un gran lavoro» Non avrà l'amico Lippi al suo fianco: «Un dispiacere»

«Non ho l'età per le emozioni

«Non ho l'età per emozionarmi». È la frase del suo debutto, ingessato nella divisa della Nazionale, un colore, blu scuro, unico con un timido tricolore che si affaccia sulla cravatta. Non ha l'età per emozionarsi Gian Piero Ventura perché all'anagrafe risultano 68 anni portati con sfacciata disinvoltura ma di sicuro ha l'età, l'esperienza e forse anche le idee giuste, per diventare non solo il ct dell'Italia 4 volte campione del mondo ma soprattutto il ct del dopo Antonio Conte. Che è stato, per due anni appena, un ciclone capace di stravolgere il calcio italiano, raccogliere il flop del mondiale di Brasile 2014 e trascinare una Nazionale senza talento alle soglie della semifinale di euro 2016, tradita da quel pasticciaccio brutto dei rigori di Pellè e Zaza.

«Ventura è un maestro di calcio, è stato il primo nome che avevo in testa sin dall'inizio», l'asciutta presentazione di Carlo Tavecchio, il presidente che qualche bugia è in grado di raccontarla con quell'aria da nonnetto indifeso. Fu Lippi a battezzare Ventura, Tavecchio accettò e adesso che Marcello si è tirato fuori dall'avventura (doveva fare il dt delle nazionali, escliuso per questione di incompatibilità col figlio procuratore, adesso si punta su Viscidi lanciato da Sacchi nel ruolo), c'è «il dispiacere» autentico di Ventura per i problemi tecnici che hanno impedito la formazione della coppia di vecchi amici. Non ha medaglie da mostrare, «ho zero titoli è vero» riconosce con l'umiltà di sempre «ma ho qualche merito nell'aver lanciato in azzurro giovanotti dopo dodici mesi di lavoro e salvato società che erano in deficit portandole al bilancio in attivo» l'unica concessione al sano orgoglio di una carriera senza lustrini ma con grandi meriti riconosciuti dagli addetti ai lavori.

«Ho la fortuna di ripartire dal gran lavoro fatto da Antonio Conte»: ecco la preziosa eredità, qui sventolata finalmente senza finzioni, con slancio sincero e resa pubblica, l'eredità di una Nazionale «umile, determinata, feroce e che vorrei che diventasse ora eccitante» l'aggettivo aggiunto da Ventura che a 68 anni si è anche sposato, segno di una nuova vita anche sentimentale per uno che si confessa «un vecchio romantico». Naturalmente quei 23 hanno il peso degli anni (all'europeo era la squadra tra le più datate, 31 anni l'età media), perciò gli toccherà rinfrescarla con l'attenzione dovuta per non «bruciare i nuovi talenti». E i nomi sono quelli usciti dalla sua chiacchierata: Perin per esempio e anche Donnarumma, Bonaventura e Berardi, per non trascurare gli infortunati Marchisio e Verratti, Romagnoli. Senza sbarcare subito i grandi vecchi di Montpellier, Barzagli tra questi. «Gliene parlerò: uno di 34 anni può giocare e far crescere gli eredi, non può pensare di giocare i prossimi mondiali». Loro sì, non invece Pellè («la Cina è lontana» la battuta didascalica), e nemmeno Balotelli («non si discute il talento tecnico, si discute il resto, io non ho pregiudizi»). Il mondiale di Russia è il primo dichiarato obiettivo: qualificarsi (con la Spagna di mezzo) non sarà facile, meglio saperlo prima ancora di cominciare (debutto il 1 settembre a Bari, in amichevole contro la Francia). Ma lui, Gian Piero Ventura che ha l'età per rischiare, ha accettato lo stesso, con entusiasmo, eccitato dall'idea di diventare a 68 anni il ct dell'Italia. «Anche perché spero, e lo dico ora che sono sotto l'effetto delle droghe, che la mia Nazionale riesca anche a stupire», la frase finale prima del congedo e del calendario dei suoi impegni: 1) partire in processione per i ritiri al fine di raggiungere intese con i club e gli allenatori; 2) mettere giù alcuni filmati delle prime due partite dell'europeo «per mostrare le cose da ripetere e gli errori da non commettere». Non ha segreti Ventura ct nemmeno sul suo stipendio. «Furbescamente la federazione ha rilevato quello che percepivo al Torino, così non guadagno un euro in più, spero non ci sia un euro in meno» la sua battuta rivolgendosi al presidente Tavecchio rimasto impassibile dinanzi alla domanda sulla questione Oriali, il team manager che con Conte aveva costruito un solido sodalizio. Gli è stato proposto un rinnovo contrattuale con un forte ribasso (da 300 mila a 200 mila euro) e perciò l'ex interista ha messo il muso.

«Se non resterà, studieremo una soluzione», la risposta del presidente federale.

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