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"Non sono un pazzo Ho avuto il mandato di cambiare il Milan"

«Stagione negativa anche se dovessimo vincere la coppa Non l'ho chiesto io, ma non potevo dire di no a Berlusconi»

"Non sono un pazzo Ho avuto il mandato di cambiare il Milan"

E venne il giorno di Cristian Brocchi, delle sue tante verità declinate senza tentennamenti, alcune scomode, altre magari di facciata, ma tutte scandite da una voglia matta di difendere il proprio lavoro, lo staff, il deludente bilancio di punti e di calcio offerti, il proprio onore di allenatore apprendista oltre che il futuro professionale. 35 giorni dopo l'arrivo a Milanello ha colto al volo l'occasione del media-day organizzato dalla Lega calcio in vista della finale di coppa Italia per riunire nella sala del caminetto di Milanello, prima davanti alla tv (mostrando i suoi metodi di lavoro), e poi sui divani bianchi, i cronisti della carta stampata e rispondere a tutti i quesiti, anche i più scomodi.

Ne è venuto fuori un quadro inquietante, perciò realistico, che si può riassumere con questa serie di frasi: 1) «questo non è il Milan nel quale sono cresciuto e dove tutti avevano la stessa idea di calcio e inseguivano la stessa missione ricevuta dalla società»; 2) «non sono entrato a gamba tesa ma col dichiarato mandato di far giocare la squadra in modo diverso e su questo ho lavorato»; 3) «non sono matto né presuntuoso, non ho fatto il 4-4-2 di Sinisa perché non ho avuto Buonaventura»; 4) «so perfettamente chi degli attuali può darmi qualcosa per la Juve e chi no, ma non lascerò a casa nessuno (in quel momento è apparso in sala Menez!, ndr) per non dare loro alibi». Come si può capire al volo non è stata la solita intervista canonica prima del giudizio universale con la Juve ma uno sfogo, in certi snodi anche una liberazione, in qualche passaggio una risposta appuntita agli insulti e alle critiche che gli sono piovute addosso.

Il rapporto con Berlusconi. Ha detto Brocchi: «Non mi sono mai proposto, non ho detto mai al presidente metta me e vedrà il cambiamento. Giuro sui miei figli: mai il presidente mi ha chiamato per suggerire la formazione. Non potevo rifiutare l'incarico a 6 giornate dalla fine perché ho rispetto per chi da 30 anni ha dato da vivere a me e alla mia famiglia. Il mandato ricevuto è stato molto preciso: bisogna cambiare lo stile del gioco del Milan per capire chi l'avrebbe seguito nella prossima stagione e chi no. Mi è stato chiesto un miracolo da realizzare in così poco tempo? Ho pensato non solo al presente ma anche al futuro. Ho parlato lunedì col presidente, le ha viste tutte le partite della mia gestione e ha promesso che verrà a farci visita (domani, ndr) prima della finale».

Il rapporto con la squadra. Altro argomento delicatissimo dopo il confronto durissimo di domenica negli spogliatoi. Brocchi è stato trasparente. «Il mio motto è: duro con i fatti, morbido con le persone. Ma non sempre può andare così. Posso perciò aver urlato con le singole persone dopo la prova non commentabile con la Roma da cui sono uscito deluso e sorpreso. Non perché m'illudessi di poter raggiungere il sesto posto. No, sono rimasto sorpreso perché in allenamento andavano a 2mila all'ora e in partita invece non riuscivano. E avevo chiesto loro: fatemi vedere come affronterete la finale. Siamo lontani da quello che era il mio Milan, ora le diverse aree sono scollegate, il senso di appartenenza non c'è, c'è negatività che s'infila nelle crepe e provoca voragini. Dopo 35 giorni di lavoro pensavo di essere più avanti, ho capito che sono a meno della metà del cammino da fare. Che mi giochino contro? No, non lo penso». Forse è stato l'unico attacco di buonismo.

Il nutrizionista. Svelato anche il giallo del nutrizionista, «voluto dalla società e approvato da me» il chiarimento. Un paio di giocatori (Bacca e Kucka) invece di trarne giovamento hanno accusato invece un calo di condizione fisica. «Una settimana fa è stata sospesa la dieta di Kucka» la seconda spiegazione.

Come si prepara la finale. Anche qui, sull'attualità, Brocchi è stato sincero al punto da sembrare brutale. «Anche se dovessimo vincere la coppa Italia non cambierebbe il giudizio negativo sulla stagione. Sarebbe bello solo perché riusciremmo a regalare un sorriso ai tifosi» il suo incipit. Arricchito da quello che vorrebbe vedere e che, aggiungiamo noi, difficilmente potrà vedere. «C'è gente che non ha ancora vinto niente: da costoro mi aspetto che tirino fuori la voglia di rivincita, la rabbia, la voglia di giocarsela fino alla fine e al massimo delle proprie forze. Poi si può anche perdere. Marcare a uomo Pogba? Stiamo pensando a tutto. Anzi è da un mese che studiamo la Juve, bisogna essere equilibrati ma ci vuole soprattutto il veleno».

Cosa sarà di Brocchi. Su un punto il tecnico debuttante di casa Milan è stato perentorio: nello spiegare il proprio metodo di lavoro e nello scommettere sulla futura carriera di allenatore. «Io voglio il bene del Milan. Se resto sarò felicissimo, altrimenti di sicuro non farò il tifo contro.

E andrò da qualche altra parte a dimostrare che è possibile giocare al calcio in un certo modo».

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