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Pallotta "gioca" con Lotito Vita dura per gli "idiots"

I patron di Roma e Lazio uniti contro i violenti. Il biancoceleste: «Sì, ma ho iniziato prima io». Ora si sveglino gli altri. E la curva Sud si mobilita contro l'americano

Pallotta "gioca" con Lotito Vita dura per gli "idiots"

RomaIl derby è derby, sempre, eterno e perpetuo. E fu proprio un derby capitolino, il 21 marzo 2004, a essere sospeso per l'ingresso in campo di alcuni tifosi della curva Sud che imposero lo stop dopo la notizia (falsa) di un bambino ucciso negli scontri con la polizia nel pre-partita. Una delle pagine più nere del nostro calcio.

A distanza di undici anni Lazio e Roma, divise dall'acerrima rivalità cittadina e quest'anno in corsa per un posto al sole nella prossima Champions, sono in prima fila nella lotta agli ultras. Claudio Lotito li ha combattuti sin dal suo approdo alla Lazio nel 2004 e tuttora si muove con la scorta; il collega James Pallotta - segno dei tempi - ha scelto i social network per dichiarare loro una guerra «sporca» (anche nei termini usati) e senza quartiere. La replica della frangia più calda e intransigente della curva Sud non si è fatta attendere: nonostante la chiusura del settore - decisione alla quale Pallotta non ha fatto ricorso - chiamano a raccolta i tifosi alle 13 di domenica per sostenere la squadra dall'esterno dell'Olimpico al grido di battaglia «chiunque non si sentisse un fottuto idiota sarà il ben accetto»).

Qualcosa si muove comunque a Roma contro il tifo becero e violento. E ora che anche l'ultimo arrivato, o quasi, nel nostro calcio si è messo l'elmetto occorrerebbe un maggiore appoggio (finora è stato molto timido) delle istituzioni sportive e dei colleghi dirigenti. Il cui silenzio è stato assordante. E chi ha parlato, un saggio allenatore italiano (Reja ndr ), ha addirittura detto che farsi fare la ramanzina dagli ultrà dell'Atalanta, tutti zitti e a testa bassa, è stato un bello stimolo.

«Io sono stato il primo, da 10 anni combatto non i tifosi, perché è un termine improprio per i delinquenti - così Lotito intervenuto ieri al convegno «Vivere lo stadio: una passione a rischio?» organizzato dall'università La Sapienza di Roma -. La stragrande maggioranza delle persone che vogliono tifare la loro squadra del cuore sono per bene. Poi una sparuta minoranza di gente è additata impropriamente come tifosi, delinquenti abituali che usano il calcio come cassa di risonanza. Dobbiamo avere il coraggio di fare una separazione netta tra delinquenti e le persone per bene che poi disertano gli stadi e subiscono».

James Pallotta, sbarcato da un mondo assolutamente agli antipodi (quello dello sport Usa) rispetto al nostro, ha deciso di combattere il fenomeno pensando, ancora prima che a una morale sportiva, ai propri interessi di imprenditore e presidente di un club calcistico. Quindi il suo progetto è di fare a meno di chi può portare problemi alla sua squadra: un tifoso ama la sua squadra - il concetto del tycoon - non la mette in difficoltà creando un clima di paura e intimidazione.

«Dobbiamo decidere dove vogliamo arrivare e se c'è un limite che non possiamo superare: quello della legalità. Chi lo supera, non merita di stare allo stadio con noi», così il tecnico della Lazio Pioli. «Bisogna lottare contro questi atteggiamenti che si verificano allo stadio prima, dopo e durante le partite - dice il collega della Roma Garcia -. Al mio arrivo sono rimasto sorpreso di vedere che per fare un biglietto bisogna registrarsi con nome, cognome, data e luogo di nascita. In Francia tutto questo non c'è e allora mi chiedo: a che serve se non riusciamo attraverso le immagini di sorveglianza a beccare uno che fa casino e a vietargli lo stadio per tutta la vita?».

Il monito del Viminale è il solito: i club mollino gli ultrà. Le norme ci sono e prevedono l'allontanamento e il ritiro delle tessere a chi trasgredisce le regole. In attesa della settorializzazione delle curve che consentirebbe il controllo di microspazi da 5-600 persone piuttosto che uno più ampio con 7-8000. «Gli ultras perseguono interessi opposti a quelli dello sport, interessi economici ed identitari attraverso la capacità intimidatoria dei loro gruppi, sono molto simili ad altre associazioni criminali - così il capo della Polizia Pansa -. È importante che i presidenti prendano una posizione netta e distinta perché tutto il mondo del calcio deve capire da che parte stare, se con la legalità o l'illegalità».

Lotito e Pallotta hanno aperto la strada.

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