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Paratici contro Marotta. La partita dei colpi bassi fra i due grandi ex amici

Insieme avevano costruito Samp e Juventus. Ora lo sgarbo Lukaku. Ecco cosa ci sta dietro

Paratici contro Marotta. La partita dei colpi bassi fra i due grandi ex amici

Tipo Montezemolo-Marchionne. O, meglio, Letta-Renzi. C'è un prima e un dopo, quando di mezzo, oltre all'amicizia, interviene il lavoro. Marotta e Paratici sono due cognomi e non più, soltanto, due nomi, Beppe e Fabio, amici diversi, uniti dalla Sampdoria e dalla Juventus. Fine di una storia, inizio di una cronaca, dallo zucchero al sale, al pepe a spezie maligne che pizzicano la lingua e infiammano la gola. Inter e Juventus sono già nemiche a prescindere, alla battaglia storica si sono aggiunti i nuovi arrivi nerazzurri provenienti dalla real casa bianconera, Marotta, per l'appunto, Conte a seguire. Già in passato si erano segnalati traslochi eccellenti ma stavolta c'è dell'altro, c'è di più, c'è un ex amministratore delegato liquidato nello spazio di un'estate-autunno come un capo fuori moda, dall'altra un nuovo responsabile dirigente, suo ex sodale, che ha assunto vesti importanti in aggiunta a quelle già indossate. E così quella che era una affinità di intenti e di progetti è diventata una sfida, un duello a luci spente, una lotta per dimostrare di essere uno più astuto e bravo dell'altro. Marotta è professionista alto, di esperienza e di astuzia diplomatica, sa allenare l'ambiente e la stampa, è solido e respinge, come un muro di gomma, qualunque attacco anche vile o volgare, siano gli insulti di Lotito o le mezze frasi di De Laurentiis. Non è, il varesino di nascita, un uomo di campo, non è stato lui e non è ancora lui a scovare i migliori fichi del bigoncio, si circonda di collaboratori fini e porta a termine il lavoro come farebbe un notaio austero. Paratici è il migliore talent scout d'Italia, lavora venticinque ore al giorno svegliandosi sessanta minuti prima, sta sul pezzo fino ad essere esausto, difficile che sbagli una valutazione, non si fa prendere dal tifo o dalla passione per questo o quel calciatore, questo o quell'allenatore, ha, ad esempio, patito l'esonero di Allegri, al quale era legato da affetto e amicizia, ma, al tempo stesso, aveva capito che fosse arrivato il tempo della separazione. Rispetto a Marotta non ha l'arte della seduzione dialettica, la sua diplomazia meglio si realizza con gli interlocutori di mercato, non accarezza i giornalisti e non concede interviste oceaniche per nulla dire e comunque per rispondere alle attese dei media, cosa che, invece, Marotta sa fare benissimo, essendo figlio di una carriera che è passata dal pane duro di Varese alle brioche con tartufo bianco di Torino e Milano.

La coppia ha retto bene per il tempo utile e necessario a costruire la Sampdoria di Garrone e la Juventus di Andrea Agnelli il quale, a un certo punto dell'avventura, ha disfatto la coppia di fatto, scegliendo la strada del ringiovanimento (!?) però creando un vuoto politico alle spalle dello stesso Paratici che deve svolgere anche la funzione che era del suo ex collega e amico o conoscente. La disfida su Lukaku è soltanto un piccolo fuoco di artificio nel vulcano di rabbia e vendette o riscatti che scalda entrambi. Due cognomi e basta, due rivali e basta.

È soltanto l'inizio di una partita che non prevede il fischio finale.

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