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Pellegrino è sempre re dello sprint

L'azzurro trionfa a Lillehammer. In discesa male sia uomini che donne

Lucia Galli

Qualche sogno storto lo aveva fatto. Qualche dubbio aveva cominciato ad affiorare. Ma ieri le nubi si sono dissipate. L'inverno di Lillehammer è sempre olimpico e un italiano che si cimenti lassù, nello sci nordico, non può che trarre energie dai ricordi delle prodezze azzurre del 1994 con la storica medaglia d'oro della staffetta e il resto del mondo, norvegesi in primis, dietro. Nostalgia e annali a parte, Federico Pellegrino è tornato a vincere nella sua gara, la sprint a tecnica libera. Dopo l'apertura di stagione e quel passaggio a vuoto, la scorsa settimana in Finlandia, quando non era nemmeno approdato in finale, Pellegrino, ieri, quel rush l'ha dominato, permettendosi anche l'arrivo a braccia alzate, a favore di telecamera.

Il suo dodicesimo sigillo in carriera parla di fiducia ritrovata e lo spiega lui stesso: «In squadra sono cambiati tutti gli organici, dal direttore tecnico, all'allenatore al fisioterapista: era un'incognita dopo la medaglia olimpica. Ora voglio dedicare questo successo ai nuovi innesti, ringraziando chi mi segue da molti anni». La sua è stata, come spesso ci ha abituato Chicco, una gara anche di strategia: «Sentivo buone gambe e non volevo farmi sfuggire la finale, ma in semifinale ho sofferto. Una volta con i migliori sei, in finale, ho voluto attaccare presto». Con una straordinaria accelerazione sulla salita finale, Pellegrino ha firmato la sua vittoria, mentre alle sue spalle il norvegese Emil Iversen ha preceduto il canadese Alex Harvey. Molti degli altri big si sono eliminati a vicenda, ma Pelle ha continuato a combattere: «Quando ho visto Johannes Klaebo fuori, col bastoncino rotto, mi è dispiaciuto: so che quando è rilassato di testa è il solito osso duro». Ma ora duro e affamato sarà anche il nostro re dagli sci sottili, pronto a rientrare in Europa e a dar battaglia da subito, dalle prossime gare di Davos.

Dalla Norvegia al Colorado, un fitto nevischio ha segnato la discesa della Birds of Pray di Beaver Creek. Abbassata la partenza, poco sopra il superG, la velocità ha tradito molti atleti finiti malamente nelle reti. Fra loro anche il nostro Peter Fill che, pur con l'air bag, ha rimediato una botta a schiena e spalla destra. La gara non ha sorriso nemmeno agli altri azzurri: il migliore è stato Diminik Paris, dodicesimo a 77/100. Ventesimo e ventunesimo Christof Innerhofer e Emanuele Buzzi, ad oltre un secondo di ritardo dal vincitore. A dominare questa grande classica del Nuovo Mondo è stato lo svizzero Beat Feuz specialista in scorrevolezza e pelo sullo stomaco per affrontare i grandi rimbalzi della pista. Alle sue spalle il connazionale Mauro Caviezel a 7/100. Un centesimo di più ed ecco mister Birds of Pray, quell'Aksel Lund Svindal che su questa pista ha firmato tante vittorie e anche rischiato la vita. Ancora peggio le azzurre della discesa in Canada con Delago 19ª e poi Brignone e Curtoni fuori dalle top 20. Uscita di pista, senza conseguenza, Nadia Fanchini che aveva fatto segnare il miglior intertempo. Vince la Schmidhofer su Gisin e e Weidle.

Oggi superG uomini e un'altra discesa donne (Diretta Tv Raisport ed eurosport, 19 e 20.

30).

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