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Pippo ritrova El Shaarawy e il Milan ferma la Samp

Eder e Okaka mettono paura alla difesa. I rossoneri si salvano soltanto su rigore ma cancellano la figuraccia con il Palermo

Pippo ritrova El Shaarawy e il Milan ferma la Samp

Torna El Shaarawy, si rivede il Milan, dimenticato lo scivolone rovinoso col Palermo, figlio di qualche scelta scellerata. Fermata la Samp nel suo stadio-fortezza fin qui inespugnato: solo la Roma è stata capace di resistere alle cadenze dei doriani che restano nella scia dei giallorossi. E non è una medaglietta di poco conto per Inzaghi e i suoi, a caccia di nuove verifiche. Oltre al gol, El Shaarawy rivisto finalmente ieri sera a Marassi è quello che può tornare utile a Inzaghi e in particolare a Conte, ct della Nazionale in tribuna. Con questo nuovo turbo nel motore, il Milan riesce a cancellare errori e amnesie commesse col Palermo, rimette ordine a centrocampo (con Essien), solo Honda è al di sotto del suo rendimento solito, per tacere di Bonera, anello debole, anzi debolissimo della difesa rossonera. Giocando a inseguirsi, Samp e Milan confezionano una serata di calcio gradevole, molto gradevole. Chiuso da un pareggio che non deve alimentare rimorsi o rimpianti. Con El Shaarawy brilla anche il talento di Soriano, un altro giovanotto da tenere sotto osservazione. La presenza di Essien è di conforto, non solo tattico, per De Jong, messo sotto in più di un duello e perciò in difficoltà per larghi tratti. Sguarnita dalle assenze di Abate e Alex, la difesa rossonera resiste alle spallate della Samp cedendo solo sui due lati, tra De Sciglio e Bonera.

Sgabbia benissimo il Milan dai blocchi, si affaccia alla partita la Samp per dominarla a cavallo dell'intervallo, si rifà vivo il Milan chiudendo da protagonista. Si scrive così la storia della sfida, divisa in parti uguali e perciò espressione quasi plastica del rispettivo merito. Comincia allora il Milan, più aggressivo, e anche più veloce nel trovare sbocchi imprevisti fino a qualche giorno prima. In particolare sul binario di sinistra dove, respirando l'aria di casa sua, Stefan El Shaarawy sotto gli occhi del ct Conte, riesce a ricacciare indietro le streghe. La sua giocata è quella classica, nel primo anno di Milan, con Allegri, gli riuscì una, cinque, dieci volte: dribbling a rientrare sul centro e, col destro aperto, palla indirizzata con effetto a girare verso il palo lontano. La prova e la conclude anche con De Silvestri e oplà il gol è cosa fatta. Deve provare una sorta di scossa elettrica il ragazzo perché rimane in ginocchio, testa china sull'erba in preda a un'emozione fortissima. Ecco finalmente il gol dopo quel purgatorio durato 622 giorni addirittura, l'ultima presenza nel tabellino datata 24 febbraio del 2013, derby di Milano.

La Samp, riveduta e corretta dalla mano abilissima di Mihajlovic, impiega mezzo tempo per rimettere le pedine al posto giusto (Soriano spinto addosso a De Jong) e ottenere, giusto al gong, il punto del pareggio. Nato dall'incursione di Gabbiadini, traformata in cross per Okaka, capace (anticipato il solito Bonera) di deviare con la punta del piede, e togliere dalla traiettoria Diego Lopez. Sullo slancio, in avvio di ripresa, la Samp monta in groppa al Milan grazie al solito angolo dal quale spunta, in area, ignorato dai rossoneri, Obiang: palla sul palo, Eder ricaccia dentro la respinta, da posizione regolare, tenuto in gioco dall'addormentato Honda. Così Mihajlovic capovolge una partita nata male e costruita meglio, molto meglio lungo il crinale dello svantaggio iniziale, segno di grande vitalità fisica e tecnica, oltre che di temperamento guerriero. La replica milanista (coincisa con l'arrivo di Torres al posto di Honda) è uno strappo rabbioso di Menez con successivo cross deviato dal braccio di Mesbah: il rigore del francese è una dimostrazione di glaciale freddezza dopo qualche episodio di egoismo capriccioso.

Finalino con quattro punte della Samp (anche Bergessio nella mischia) e con l'affanno del Milan, ridotto in dieci per la (sacrosanta) espulsione di Bonera (secondo giallo) e perciò costretto ad asseragliarsi nel fortino di Diego Lopez.

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