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Portogallo ultima spiaggia per la Roma e Di Francesco

Il tecnico potrebbe lasciare la panchina anche se passasse «Essere supportato è fondamentale, essere sopportato no»

Portogallo ultima spiaggia per la Roma e Di Francesco

Quella che la Roma vivrà oggi al Do Dragão di Oporto si può definire la notte della resa dei conti. Dietro l'angolo c'è un tesoretto da 15 milioni - tra bonus Uefa e nuovo incasso all'Olimpico - e la conferma tra le prime otto d'Europa (solo Luciano Spalletti in Champions è riuscito a portare la Roma per due volte di fila ai quarti nel 2007 e 2008). Ma c'è soprattutto il futuro prossimo di Di Francesco in panchina, inevitabilmente legato al passaggio del turno e forse non solo. Il 2-1 di tre settimane fa è un vantaggio per nulla rassicurante, quello che preoccupa è però il clima che si respira a Trigoria. Nessuno in società ha commentato le voci su un possibile esonero del tecnico. Che dal canto suo ha percepito come il suo principale sponsor, il ds Monchi, abbia le valigie in mano direzione (forse) Arsenal, sente la squadra sempre più distante ed è deluso dalla prestazione nel derby con la Lazio nel quale la Roma è stata presa a schiaffoni. Tanto che il tam tam mediatico parla addirittura di un Di Francesco possibile dimissionario anche se taglierà il traguardo dei quarti. «Il mio futuro non è importante, è più importante la qualificazione agli ottavi, davanti a tutto c'è la Roma, voglio vedere i giocatori in faccia fino a poche ore prima della gara. Essere supportato è fondamentale, essere sopportato no», ha sottolineato un tesissimo Di Francesco.

La vigilia della sfida con il Porto dell'ex laziale Sergio Conceiçao assomiglia a quella del round di andata, con i giallorossi reduci dalla scoppola (il 7-1) rimediata a Firenze in coppa Italia. La differenza si può però riassumere nel detto latino che piace tanto al patron biancoceleste Lotito: errare è umano, perseverare è diabolico. E diabolica è la situazione in casa Roma: un allenatore messo in discussione da mesi, più volte sull'orlo del baratro e finora salvato dall'assenza di alternative convincenti. Ma ora che sono almeno due, o forse tre, i nomi che attendono novità dai dirigenti giallorossi (si parla di Paulo Sousa, Donadoni e Panucci, con l'ex difensore in pole nel possibile ruolo di traghettatore, si libererebbe dal contratto con la federazione albanese), il posto in panchina è diventato bollente. Ecco perchè il colpo di scena, in caso di lieto fine nella notte portoghese, non sarebbe così sorprendente.

Le ultime sette sconfitte esterne in altrettante sfide a eliminazione diretta in Champions sono una statistica che non aiuta Di Francesco. «Ma questa Roma per caratteristiche gioca meglio in Europa che in campionato, teniamoci stretta la competizione, è la partita della vita. E con il Porto partiremo con il 4-3-3», così l'allenatore che conferma il suo vestito tattico migliore e dovrà affidarsi all'esperienza dei senatori, ammesso che siano ancora dalla sua parte. Da De Rossi, probabilmente agli ultimi acuti europei, all'uomo Champions Dzeko - mai a segno però quest'anno lontano dall'Olimpico in Europa e da qualche settimana più lontano dal rinnovo del contratto -, fino al recuperato Manolas, eroe della sfida con il Barcellona e baluardo di una difesa che senza di lui scricchiola paurosamente. Insieme a loro, l'orgoglio e la qualità dei giovani Pellegrini e Zaniolo - è ancora fresco il ricordo della sua doppietta all'andata -, oltre all'esperienza di Kolarov. L'ex Marcano ed El Shaarawy favoriti nei ballottaggi di formazione. «Se mi aspetto una reazione? In tutta la stagione non abbiamo avuto grande continuità, non ci sono alibi. Con il Porto servirà soprattutto una grande fase difensiva, c'è un solo gol di differenza», così il tecnico.

E per non farsi mancare niente, a Trigoria è scoppiato anche un caso Pastore, il maggiore flop dell'ultima campagna acquisti.

L'argentino non è stato convocato per Oporto ufficialmente a causa di un problema al polpaccio, ma la realtà potrebbe essere anche un'altra dopo le parole stizzite al tecnico poco prima di entrare in campo nel derby.

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