Calcio

Allegri e il suo mesto fine corsa sbiellato

Le scorie di champions si sono trascinate a San Siro, l'Inter non ritrova la vittoria, il Napoli porta via un punto di speranza, quasi in silenzio il Milan consolida con autorità il secondo posto, altrove si recita la farsa

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Le scorie di champions si sono trascinate a San Siro, l'Inter non ritrova la vittoria, il Napoli porta via un punto di speranza, quasi in silenzio il Milan consolida con autorità il secondo posto, altrove si recita la farsa. Non è necessario far volare i droni per capire come stia la Juventus, basta osservare le modestissime prove della squadra e lo stato nervoso del suo allenatore che, dopo il pareggio contro il Genoa, ha reagito, in modo scorbutico, ai giornalisti che, secondo la sua cultura «devono soltanto fare domande, non devono capire, non capiscono». Qualche anima beata pensa ancora allo stile Juventus, cancellato definitivamente dalla scomparsa di Gianni e Umberto Agnelli; gli eredi sono stati eliminati per folle gestione contabile (Andrea Agnelli) o hanno delegato (John Elkann il geniale mandante) la parte sportiva a figure improbabili, in serie: Jean Claude Blanc-Ferrero-Scanavino-Binotto-Vasseur. Il tempo delle mele è finito, la Juventus, come la scuderia auto e la fabbrica madre, è cimelio per nostalgici, Allegri è a fine corsa pure sbiellata, i 9 milioni di stipendio gonfiano il conto bancario (Estrosa, la sua cavalla, almeno quella, ha vinto ieri alle Capannelle) ma non quello tecnico, il livornese verrà punito per la scorrettezza che macchia non soltanto la sua immagine ma anche quella del club già opaca per l'inconsistenza dei dirigenti massimi, manca un capo, manca una squadra, il Bologna può prendere il quarto posto, la Roma di De Rossi avanza ma il peggio, a Torino, deve ancora arrivare e i droni di Bruno Vespa non c'entrano. La sosta, per la trasferta della nazionale in America, non cambierà nulla, Allegri non si muove, anche perché Elkann non saprebbe a chi consegnare l'eredità.

Nel senso calcistico.

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