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PUNTO DI VISTA

di Tony Damascelli

F inale stramba, bella per lo sviluppo non per la qualità del gioco. Lazio sanguigna, Juventus anemica. Qualcuno scriverà e parlerà dell'assenza di Bonucci. Preferisco dire e scrivere dell'assenza di Allegri, imbambolato in panchina davanti alla vecchia Juventus e con i 100 milioni al suo fianco, dico Bernardeschi e Douglas Costa e De Sciglio, non tre fenomeni, ma tre figure sulle quali il club ha investito. La Lazio, senza Keita, ha avuto il sangue giusto per mettere nei guai i campioni d'Italia anche se il ritmo della finale è stato da Championship (la serie B inglese) dopo aver visto i forsennati di Manchester e Londra. La Juventus con i fili scoperti è un segnale cattivo per il club di Agnelli il cui allenatore, che aveva pensato di lasciare dopo Cardiff, ha voluto ribadire l'impegno ma anche l'ingaggio.

Senza Dybala, la Juventus non avrebbe un significato. Due gol nella nebbia totale. Senza Keita la Lazio ha Immobile e la fame dei più deboli. Nessuno può contestare i tre scudetti consecutivi ma se Allegri avesse lo stesso coraggio che ha dimostrato nella sua vita privata, forse certi errori non sarebbero stati e non verrebbero ancora commessi. Dopo lo 0 a 2 il livornese si è svegliato dai piaceri estivi e ha inserito i nuovi acquisti, ribadendo di avere sbagliato le scelte di avvio, come era capitato, sabato, ad Antonio Conte, con Morata (80 milioni) riserva. Non si deve fare passare in seconda luce la prova della Lazio, giustamente reattiva e presente, capace di rinunciare a Keita ma di stare in campo con la testa e con il cuore e quell'Immobile cresciuto nel vivaio juventino e mandato altrove per miopia o presunzione. Vittoria strameritata, dunque. Tra Doha e Roma non c'è differenza, Allegri e la supercoppa non vanno d'accordo.

Qualcuno deve aver capito, a Torino, che la Juventus ha bisogno non soltanto di un centrocampista ma riportare l'allenatore sulla terra.

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