Sport

Quando i campioni vanno alla guerra

Le vie del destino sono schegge di ricordi e schegge di una guerra, schegge di tormento e schegge di sentimento. Quando, oggi, leggiamo di guerra negli stadi, di fucilate col pallone e armi sguainate, di agonie sportive, quando diciamo che una partita è stata una battaglia, una sconfitta una ecatombe, quando usiamo il troppo facile “eroi” oppure il banale reduci o il grottesco superstiti, dovremmo metterci a ridere… per non piangere.

C'era una volta un mondo diverso, 100 anni fa una guerra, una grande guerra. Ed anche allora campioni nello sport. Poi lo diventarono in trincea, nell'uno contro uno che voleva davvero dire vita o morte. Se fu vita, in seguito allargarono la fama nello sport. Se fu morte, la seppellirono sotto un mucchio di pietre. Da qui bisogna partire per conciliarsi con le storie de “La migliore gioventù” (Infinito edizioni, euro 14), scritte da Daniele Nardi, noto alpinista nato a Sezze, provincia di Latina, guarda il contrasto, e da un giornalista dallo spirito del fromboliere: Dario Ricci che lavora a Radio24 ma scrive con il piglio del fantasista.

Parliamo di guerra e di guerrieri che si chiamino Enzo Ferrari e Vittorio Pozzo, Tazio Nuvolari e Nedo Nadi, Erminio Spalla e Virgilio Fossati, Fernando Altimani, Mario Meneghetti e Giuseppe Sinigaglia, Guido Romano, Amedeo Polledri fin al Giuseppe Ticozzelli gigante prima pedatore arrivato alla maglia della nazionale, poi ciclista al giro d'Italia: esordiente a 32 anni da indipendente. Percorsi fra altipiani e montagne che i due scrittori sono andati a ristudiare di persona tra faticacce e smoccolamenti. E, per ogni pietra, ogni viottolo, ogni lembo, una scheggia di ricordo su personaggi dello sport più o meno noti. Come dice l'introduzione: attenti a dove mettete i piedi! Allora erano fango e sassi, con un fucile in mano e la tensione di sentire vita e morte carezzarti. Curioso saltabeccare tra geografia e storia: atleti che ritrovano anonimato in trincea e sullo sfondo le Dolomiti e con esse il sentiero dei Kaiserjager sul Lagazuoi, il Col de Bois, Val Travenanzes, Tofana di mezzo, Falzarego.

Da tempo lo sport ha insegnato che le vicende dei suoi protagonisti sono molto più attraenti, drammatiche, suggestive nella vita al di fuori dei giochi della fama: storie da film. E qui ci risiamo. Erminio Spalla è stato un sorprendente uomo di mondo prima di essere un campione della boxe. Mario Meneghetti, pioniere del calcio novarese, dall'eterno fazzoletto bianco in testa, un fantastico Papillon nella fuga che lo liberò dalla prigionia austriaca. Enzo Ferrari un amante dell'atletica, segnato da malattie e sofferenze in guerra dove si occupò di muli e asini, prima di ritrovarsi con l'idea di un cavallino rampante suggerita dalla contessa Paolina Bianconi, moglie del conte Enrico Baracca. Nedo Nadi spalanca l'idea che “sciabola e spada assicurino alla violenza che ne segue, almeno la moralità di una legge o il privilegio di un'estetica”. Al di là di una fatalità di guerra. Lo scrisse Anatole France, premio Nobel per la letteratura.

Guerra e pace, siamo ancora lì.

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