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Rangers vicini alla bancarotta I tifosi del Celtic fanno festa

Debiti con il fisco, 90 milioni di rosso, punti di penalizzazione. Entro fine mese i protestanti del Glasgow rischiano la chiusura. La squadra scozzese in 140 anni di storia ha vinto 114 trofei

Rangers vicini alla bancarotta  I tifosi del Celtic fanno festa

Dio avrà pure salvato la Regina, ma per salvare anche i suoi Rangers dovrà fare i miracoli. Perché se Elisabetta II a 86 anni è ancora vispa e arzilla sul trono come inno comanda, i Glasgow Rangers - club calcistico filobritannico nell’indipendentista terra di Scozia - rischiano di sparire.

Gli Highlander della Scottish Football League hanno messo in bacheca 54 campionati, 33 Coppe di Scozia e 27 Coppe di Lega in 140 anni di storia. Eppure tutto sta per crollare sotto i colpi della crisi economica e di una gestione sconsiderata. In dieci anni, i Rangers hanno accumulato oltre 50 milioni di sterline di debiti con la Hmrc, l’agenzia del fisco britannico. Magheggi finanziari, conti non saldati e ipoteche sugli abbonamenti che prima hanno spinto il vecchio proprietario David Murray a cedere il club al businessman Craig Whyte per una sterlina, e poi sono degenerati in un buco che - tra multe e interessi - è lievitato fino ai 90 milioni. Troppi per poter sopravvivere.

In amministrazione controllata da febbraio e già penalizzati di 10 punti in classifica, per i Rangers il futuro è comunque più oscuro del Loch Ness. Se entro il 31 marzo non si trovano nuovi compratori (troppo fumosi gli interessi cinesi e americani), saranno esclusi dalle coppe europee. Ipotesi rosea se confrontata con il destino prospettato dal manager Dave King, per il quale «la liquidazione sarà inevitabile». In tal caso la società di Ibrox Park fallirà e verrà sostituita da una «newco» con un nuovo nome (l’avvilente proposta è «Rangers 2012»). I Light Blues ripartirebbero così dalla quarta serie, a meno che i presidenti di club concedano la loro partecipazione alla prima divisione, la Scottish Premiership. I nemici di sempre hanno potere di vita e di morte.

Eppure l’orgoglio dello spicchio protestante del pallone di Glasgow non si spegne. Gente fiera e battagliera, i Blue Noses le stanno provando tutte. I giocatori di prima fascia (come Naismith e Whittaker) hanno accettato tagli dello stipendio del 75%, i giovani hanno lasciato il club senza neppure un contratto per salvare il posto di lavoro ai magazzinieri e agli addetti allo stadio e c’è anche chi - come Lee Mcculloch - è disposto a giocare gratis. Nel frattempo i tifosi cantano a squarciagola «Rangers till we die» e sono pronti ad abbonarsi in tremila al Dunfermline, uno dei club creditori, per dare il loro contributo in cuore, kilt e sterline.
Ma, come spesso è accaduto nella storia di Scozia, il coraggio si inchina al settarismo. Già, perché gli avversari si sentono truffati e chiedono in blocco sanzioni severe. A capitanare la rivolta gli arcirivali cattolici del Celtic, la cui tifoseria ormai da mesi balla la conga (una specie di trenino) per i cugini lealisti in bancarotta. D’altronde l’Old Firm, uno dei derby più sentiti del mondo e di sicuro quello più intriso di significati politici, culturali e religiosi, non ammette galanterie. Nel marzo scorso, la sfida si era conclusa con 3 espulsi e 34 arresti tra gli hooligans e la minaccia di far giocare le successive sfide a porte chiuse. Era il segnale di una tensione infinita e latente tra le due anime di Scozia e - col senno di poi - la cartina tornasole di quel che sta accadendo oggi, quando l’odio per il rivale ha la meglio sulle prospettive calcistiche nazionali.
Già, perché in un calcio bipenne come quello scozzese (è dal campionato ’84-’85, vinto dall’Aberdeen con Sir Alex Ferguson in panchina, che il titolo va alternativamente a Rangers e Celtic), il fallimento di una delle due potenze sarebbe l’inizio della fine anche per l’altra.

Il campionato perderebbe attrattiva, gli introiti dai diritti tv crollerebbero, il Celtic sarebbe di nuovo tentato dalla «migrazione» nella Premiership inglese e un intero movimento calcistico glorioso finirebbe decapitato come l’eroe nazionale William Wallace. Eppure il tifo contro è più forte della ragione. Celtic, Hearts, Dundee, Motherwell: tutti uniti, tutti seduti sulla riva del fiume Clyde ad attendere il passaggio del cadavere blue dei Rangers decaduti.

E pazienza se a esequie concluse, quando la cornamusa avrà finito le ultime strazianti note di Amazing grace, tutti si troveranno a ballare la conga sulle macerie del calcio scozzese.

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