Calcio

"Real-City, una sfida show. Calcio italiano parassitario"

Intervista ad Arrigo Sacchi, ex tecnico del Milan e della Nazionale: "Gol stupendi ed errori, perché nel football non conta la perfezione ma la spettacolarità. Il nostro pallone è come un film senza trama con 11 attori allo sbaraglio"

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Arrigo Sacchi, si è gustato martedì sera Real Madrid-Manchester City?

«Solo un pezzetto perché avevo un impegno di lavoro. Ma l'ho registrata e oggi (ieri ndr) l'ho vista tutta».

Impressioni?

«Grande match. Interpretato magistralmente dai due allenatori: Ancelotti e Guardiola, entrambi bravissimi».

Tanto Carlo quanto Pep si dichiarano suoi «allievi».

«Mi fa piacere. Hanno una concezione del calcio analoga alla mia. I risultati si ottengono attraverso il gioco di squadra. Il singolo fuoriclasse non fa la differenza se non c'è spirito di gruppo».

Era la filosofia del suo Milan.

«Ogni musicista con il suo strumento al servizio dell'orchestra».

In Real-City c'era «sinfonia»?

«Sì, sebbene Carlo e Pep abbiano suonato spartiti diversi: Ancelotti ha puntato sugli inserimenti in profondità, Guardiola sul controllo di palla».

L'analisi della gara vede due scuole di pensiero: c'è chi l'ha definita la «partita perfetta», altri escludono che possa essere considerata «perfetta» una gara che finisce 3 a 3 con difese tutt'altro che impeccabili. Lei da che parte sta?

«Secondo me non esistono partite perfette, ma solo partite spettacolari. O noiose. Quello di martedì sera è stato un match ad altissimo tasso di spettacolarità».

Gol stupendi, ma pure errori evitabili...

«La perfezione appartiene alla scienza. Il calcio dovrebbe invece porsi l'obiettivo di divertire attraverso il bel gioco. È ciò che il pubblico chiede e apprezza».

E qui torna in ballo il Milan «sacchiano»...

«Quando Berlusconi mi chiamò, il Milan aveva 30mila abbonati. L'anno dopo quel numero era triplicato. In campo non c'erano 11 attori allo sbaraglio che recitavano ognuno per conto proprio, ma un cast affiatato che rispettava la medesima trama. E così quel film divenne un colossal».

Torniamo a Real-City, perché nel nostro campionato non assistiamo quasi mai a partite così avvincenti?

«Il nostro è il campionato degli allenatori che, salvo poche eccezioni, privilegiano la tattica alla strategia. Si aspetta l'errore dell'avversario per approfittarne e trarne vantaggio. Un approccio parassitario che è lo specchio di un Paese storicamente estraneo alla mentalità propositiva e allergico all'impegno collettivo».

Faccia un esempio.

«Tempo fa in Italia vidi una partita del club dove giocava Ronaldo. Era completamente avulso dalla squadra. Una noia mortale. Ci fu un guizzo vincente, ma io in quell'attimo feci uno starnuto e mi persi il gol di CR7».

Morale del racconto?

«Il singolo, se non fa parte di un insieme, è solo come un bel soprammobile su una tavola disadorna».

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