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Rocchi "commissaria" il Var

"Handa-Defrel? Priorità all'interpretazione arbitrale"

Rocchi "commissaria" il Var

La risposta, in fondo, è nascosta dietro al fatto che quell'acronimo ormai è assurto a ruolo di nome proprio. Se infatti agli albori si discorreva sull'articolo determinativo, il o la che fosse, oggi non c'è più confusione nel riconoscere il Var come un giocatore a tutti gli effetti sui rettangoli di gioco. Primus inter pares tra i 26 in campo, se si considera anche la terna arbitrale. Il Video assistant referee è stato battezzato all'abitudine anglofona di ricorrere all'abbreviativo, ma di assistente all'arbitro pur sempre si tratta e assistente il Var deve essere. La regia in stile grande fratello ha tutti gli strumenti per fare la tac ai singoli gangli di gioco. Eppure il medico resta sempre l'arbitro e diagnosi e prognosi passano da un fischietto.

Così Gianluca Rocchi, secondo solo a Concetto Lo Bello per numero di gare arbitrate in A, non ha problemi a ribadire la gerarchia anche all'interno del Centro Var di Lissone, per la presentazione della nuova sala centralizzata della Lega di Serie A. Il designatore arbitrale sceglie il contatto Handanovic-Defrel, sabato in Sassuolo-Inter, per sottolineare il primato dell'interpretazione umana su quella tecnologica: «L'episodio? È soggettivo, va lasciato all'interpretazione dell'arbitro in campo», spiega Rocchi, commissariando di fatto il Var e dando la precedenza alla valutazione umana. La stessa che aveva giusto fatto dire a Dionisi, tecnico neroverde, «era da rosso», con Inzaghi invece fermo nel sottolineare come le riprese video dimostrassero che Handanovic avesse «fatto di tutto per non toccare l'avversario».

Scuole di pensiero e dialettica, ma con un punto fermo che è sempre Rocchi a ribadire: «Sarebbe folle solo pensare che un arbitro si rifiuti di andare al Var, se lo scoprissi non arbitrerebbe più. Essendoci stati episodi in cui la soggettività era la parte principale, bisogna accettare il fatto che l'arbitro la valuti diversamente rispetto alla maggioranza delle persone». Insomma, sull'interpretazione si può transigere, sulla malafede no. Forse anche per questo, il presidente della Lega serie A Dal Pino alza il cartellino rosso alle parole di Sarri, che all'indomani del 3-0 rimediato dalla sua Lazio a Bologna aveva denunciato: «Siamo l'unica squadra in Europa che ha giocato 61 ore dopo la partita di Coppa, dobbiamo fare una guerra in Lega perché non succeda più».

Secca la replica di Dal Pino: «Noi siamo abituati alle pressioni, ma non ci piace la maleducazione».

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